“Zagaria mai interferito nelle cose di Casapesenna”. E allora i citofoni e i bunker? La tesi è del difensore di Michele Zagaria, ergastolano per essere stato a capo del clan dei Casalesi ma le domande senza risposta sono ancora tante.
L’avvocato di Michele Zagaria, Paolo Di Furia, durante le sue conclusioni nel processo che vede sul banco degli imputati anche Fortunato Zagaria e Luigi Amato per l’accusa di violenza provata aggravata dal metodo mafioso ai danni di Giovanni Zara, ha chiesto l’assoluzione con formula piena del suo assistito. Le parole del difensore hanno tracciato un disegno della cittadina di Casapesenna più simile ad un Cantone svizzero che al paese nel quale Michele Zagaria, capoclan dei Casalesi si è nascosto per oltre 15 anni. “A Casapesenna non c’è stato alcun condizionamento della camorra”, ha detto al tribunale di Santa Maria Capua Vetere l’avvocato Di Furia, a difesa del boss dei Casalesi detenuto al 41bis al carcere di Tolmezzo. L’assoluzione con formula piena di Michele Zagaria, l’avvocato Di Furia l’ha chiesta perché non c’è la pistola fumante. “Non c’è – ha detto il difensore- la prova oggettiva che Michele Zagaria abbia dato ordine a Fortunato Zagaria di minacciare Zara”.
Ma qualcosa non torna. Se non ci fosse stata alcuna ingerenza della camorra nella vita politica e sociale di Casapesenna a cosa serviva la rete dei citofoni che Michele Zagaria si fece costruire per evitare di essere intercettato? Se il paese era per così dire sano, come mai Michele Zagaria ha goduto di una copertura larga e significativa da parte della popolazione? E i bunker, perché farseli costruire anche con il contributo tecnico di un architetto che era stato consigliere comunale? E lo scioglimento per infiltrazione camorristica del consiglio comunale? Se a Michele Zagaria non sono mai interessati gli appalti e i lavori a Casapesenna, vanno condannati per calunnia tutti i collaboratori di giustizia e gli imprenditori che invece hanno già detto il contrario? E poi se al capoclan della camorra, non importava alcunché di Giovanni Zara che per nove mesi è stato sindaco di Casapesenna mostrandosi fin da subito, così come detto anche dalla Dda di Napoli, contro la criminalità organizzata ed i suoi interessi, come mai Michele Zagaria soffriva la presenza di quel giovane sindaco fino a pensare ed ordinare, così come emerso dagli atti del processo, di ucciderlo?
Sono alcuni degli interrogativi che non possono essere esclusi dal ragionamento se la speranza è arrivare alla verità. Il processo, giunto alle battute conclusive, è nato nel 2013 proprio dalla denuncia di Zara alla Dda di Napoli, già nel 2008, relativa ai condizionamenti e alle minacce subite mentre era sindaco del paesino del Casertano dove è nato e cresciuto e ha trascorso parte della sua latitanza il boss Michele Zagaria. Fortunato Zagaria per quei fatti venne arrestato a febbraio del 2012. Per la Dda di Napoli, i condizionamenti e le minacce sarebbero stati ordinati dal boss ed eseguiti dal vice-sindaco di Zara, Fortunato Zagaria, che prima del 2008 era stato sindaco di Casapesenna per 10 anni, e lo sarà poi per altri dodici mesi, fino all’arresto del 2010, in seguito alla caduta di Zara. Per gli inquirenti Fortunato Zagaria, cui nel corso del processo è stato contestato il reato di concorso esterno in camorra, era la longa manus del boss a Casapesenna.
Veronica Vicario
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