E’ stato arrestato con l’accusa di scambio elettorale politico- mafioso e di corruzione elettorale aggravata. Il sindaco di Marigliano stava però preparando la sua rielezione
Antonio Carpino, dal 2015 sindaco di Marigliano (Napoli), aveva rivolto solo ieri sera un appello al Movimento 5 Stelle, a Rifondazione Comunista e a tutte ”le forze che vogliono dare il proprio contributo”, ad entrare nella coalizione che lo avrebbe appoggiato alle prossime amministrative di settembre. Stamane il sindaco è stato raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per il reato di scambio elettorale politico-mafioso e di corruzione elettorale aggravata dal metodo mafioso. Cinquantaquattro anni, avvocato penalista, Carpino era stato eletto nel 2015 con una coalizione di centrosinistra, appoggiato dal Pd e da diverse liste civiche, che solo qualche giorno fa avevano ufficializzato la scelta di ricandidarlo alla guida del Paese per le prossime elezioni. ”Nessun sindaco era riuscito a completare la legislatura – ha detto ieri in un video pubblicato sulla propria pagina Facebook – devo ringraziare le forze politiche e consiliari che mi hanno sostenuto per cinque anni. Di questa cosa vado molto fiero. Devo ringraziare tutti a cominciare dal Pd, che ha avuto un ruolo centrale e deve averlo anche alle prossime elezioni. Ci ripresentiamo compatti, con cinque liste a mio sostegno, ma la coalizione non è chiusa, è aperta a tutte le forze che vogliono dare il proprio contributo. Mi rivolgo ai 5 stelle con i quali c’è coalizione a livello nazionale, a Rifondazione comunista, con la quale abbiamo fatto un pezzo di percorso insieme”.
Il Movimento 5 stelle aveva già scelto un altro candidato per le Comunali che si sarebbe quindi contrapposto a Carpino come nell’ultima tornata elettorale. ”Noi non siamo contro nessuno – ha spiegato il sindaco mariglianese – non dobbiamo sconfiggere nessuno per forza, non dobbiamo ammazzare nessuno, il nostro obiettivo è quello di completare e implementare il programma di cinque anni fa. Tutto ciò che abbiamo fatto lo abbiamo fatto con la nostra testa, non abbiamo avuto né padrini né padroni e mai nessuno si è permesso di dirci quello che dovevamo fare. Ho sempre detto che noi siamo come una cooperativa nel senso che con la nostra testa abbiamo deciso e abbiamo rischiato, assumendoci in pieno le responsabilità”.
L’inchiesta
Sarebbe stato proprio lui, Antonio Carpino, all’epoca aspirante sindaco ad avvicinare la camorra locale per chiedere i voti dei cittadini del quartiere Pontecitra sia per le primarie dell’8 marzo 2015, sia per le amministrative del 31 maggio e 14 giugno 2015. La circostanza emerge dagli atti dell’inchiesta della DDA di Napoli e dei carabinieri di Castello di Cisterna che oggi hanno notificato due misure cautelari in carcere emesse dal gip Egle Pilla a e a Luigi Esposito, detto “o’ sciamarro”, esponente di rilievo della camorra locale, già detenuto. In cambio di questo “favore” l’attuale sindaco di Marigliano avrebbe, secondo gli inquirenti, promesso denaro e altre “utilità” ai camorristi; in particolare il penalista Carpino, sempre secondo gli investigatori, avrebbe promesso di costituire una cooperativa di ex detenuti in cui assumere le persone che i suoi interlocutori gli avrebbero indicato, assicurando, contestualmente anche contratti d’appalto comunali agli imprenditori graditi a Esposito e Cristiano Piezzo (capo del clan dei cosiddetti Mariglianesi) in quanto vittime delle loro richieste estorsive.
Gli intrecci
Dall’attività investigativa, inoltre, sarebbe emerso che l’aspirante sindaco avrebbe versato ai due esponenti di spicco della camorra locale 10mila euro in due tranche, consegnate prima delle consultazioni e dopo l’elezione. Il tutto avviene in un periodo temporale, la prima metà del 2015, in cui a Marigliano le varie anime della camorra, secondo la DDA, erano alleate e rappresentata da tre uomini, Luigi Esposito, detto “o’ sciamarro”, Massimo Pelliccia, ex cognato di Esposito, e Cristiano Piezzo. L’intreccio tra politica e clan, emerge nell’ambito delle indagini sulla criminalità organizzata locale che, nella seconda metà del 2015, vedrà la rottura delle alleanze e il successivo scontro armato tra due fazioni: il clan dei Napoletani-Mazzarella (capeggiato da Cristiano Piezzo) e dei cosiddetti “cafoni”, guidato da da Luigi Esposito “o’ sciamarro”. Gli intrecci tra la camorra e l’aspirante sindaco vengono riferiti anche da alcuni collaboratori di giustizia, tra i quali figura anche lo stesso Cristiano Piezzo e il genero di Esposito, Tommaso Schisa. Ed è proprio sulla base di queste dichiarazioni che le indagini riprendono.
Le dichiarazioni del collaboratore
In merito alla cooperativa, che sarebbe stata una garanzia per gli affari illeciti dei clan, riferisce il collaboratore di giustizia Raffaele Aurelio (che in periodi diversi ha militato sia nelle fila di Esposito, sia in quelle capeggiate da Piezzo), rispondendo alle domande degli inquirenti, il 26 maggio 2016: “…era chiaro che nella cooperativa avremmo dovuto essere assunti noi del gruppo… questa cooperativa era importante perché serviva a fornirci una copertura nei confronti di Carabinieri e Procura per il denaro e i beni che avevamo…”. Ad Antonio Carpino, incensurato, è stata disposta la misura cautelare piu’ afflittiva, in considerazione dell’attualità del pericolo di recidiva: la considerazione nasce dalla possibilità di una sua ricandidatura alle prossime amministrative.