Vittime innocenti della criminalità: schizofrenia di un sistema che non tutela

La notizia del vitalizio percepito per 15 anni dalla moglie e dalla madre di un affiliato al clan Gionta, dopo aver mentito e falsificato i documenti, alza il tenore delle polemiche contro alcuni uffici ministeriali, imputati di non aver controllato. Prime fra tutte le voci del Comitato don Peppe Diana e del Coordinamento campano dei familiari delle vittime innocenti.

“La notizia di un vitalizio concesso a coloro che dalla camorra non hanno mai preso le distanze è l’ennesima dimostrazione di un sistema che fa acqua: una schizofrenia di alcuni uffici ministeriali che non riescono più a controllare se stessi“. Il Comitato don Peppe Diana, interviene a proposito della notizia di un vitalizio riservato ai familiari delle vittime della criminalità organizzata, concesso a dei familiari del clan Gionta di Napoli che dalla camorra non hanno mai preso le distanze. “Abbiamo più volte denunciato i dinieghi che alcuni familiari di vittime innocenti della criminalità, sono costretti a subire nonostante ci si trovi dinanzi a persone oneste e di specchiata condotta”, si legge nella nota del Comitato don Diana che continua: “Più volte abbiamo chiesto aiuto agli apparati preposti, chiedendo un equilibrio ma nonostante i nostri dossier consegnati, discussi ed alcuni volti gridati non abbiamo ottenuto risposta alcuna”. Il riferimento è ai dossier spediti anche all’ex ministro dell’interno Matteo Salvini che a tutela dei familiari della camorra non ha mai mosso un dito, nonostante fossero stati gli stessi parenti delle vittime innocenti a chiederglielo. Lettere di denuncia, il Comitato le aveva inviate anche al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, al ministro Luigi Di Maio. Testimonianze e contestazione che avevano portato il Comitato don Peppe Diana, con l’allora coordinatore Valerio Taglione, ad essere anche auditi in Commissione parlamentare antimafia con il presidente Nicola Morra.

Concedere il vitalizio a chi di camorra ha continuato a vivere senza prenderne mai le distanze e falsificando i documenti, è stato chiaramente un errore ma è evidente che è la rappresentazione di una falla che deve essere indagata. Chi controlla il controllore? La domanda è fondamentale. “Speriamo ora, che la notizia di cronaca di un errore che mai sarebbe dovuto capitare aiuti i designati funzionari ad agire con coscienza e a tutela di chi lo merita. Provvedimenti equi, sottolineerebbero il valore della Giustizia che già troppe volte per un motivo o per un altro, per quel che riguarda lo spirito solidaristico della legge nei confronti dei familiari delle vittime innocenti, è stato messo in discussione”. Una voce di dolore che arriva anche da Rossana Pagano, figlia di Pasquale Pagano, vittima innocente del clan dei Casalesi, ucciso per uno scambio di persona il 26 febbraio del 1992. “Oggi, nel 2021 aspettiamo ancora giustizia, quella che ci viene negata e infangata”, ha scritto Rossana.

Sdegno e polemica anche dal Coordinamento regionale dei familiari delle vittime innocenti della criminalità della Campania, presieduto da Carmen Del Core. “Il beneficio del vitalizio riservato a moglie e suocera di un affiliato al clan Gionta è uno schiaffo alla memoria dei nostri cari e al loro sacrificio. Ed è reso ancora più violento dal fatto che tanti innocenti, che realmente avrebbero diritto al vitalizio previsto dalla legge, incontrano sul loro cammino ostacoli burocratici insormontabili, che rendono impossibile il godimento dello stesso”, dice Del Core sorella di Daniele vittima innocente della criminalità, ucciso il 28 ottobre 2006 per aver difeso l’amico Loris, dalla mano assassina di un fidanzato geloso. “Ma – continua Del Core- noi non ci arrendiamo, anche se in situazioni come questa la tentazione di cedere sarebbe naturale. Continueremo a portare avanti il nostro impegno per una reale tutela giuridica di tutte le vittime innocenti della violenza criminale e per far sentire la nostra voce, che deve essere più forte degli spari dei clan”. Tina Cioffo

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