di Tina Coiffo
Per il Tribunale, il papà di Flavio Russo ha diritto ma il Ministero non rispetta la decisione del giudice
Il Ministero dell’Interno si è opposto alla decisione del giudice civile Barbara Gargia e ha contraddetto se stesso, visto che nel 2001 la pensava in maniera diversa. I fatti riguardano Rodolfo Russo, papà di Flavio Russo, vittima innocente di camorra, ucciso a 21 anni, nel 1992, a San Cipriano d’Aversa. La sentenza gli ha riconosciuto il diritto al vitalizio così come stabilito dalle norme vigenti. L’ufficio del Ministero dell’Interno ha però, deciso che la sentenza non è giusta e che Russo padre non merita questo diritto. Il Ministero dell’Interno ha rigettato l’istanza di riconoscimento di vittima innocente ritenendo il padre Russo Rodolfo non estraneo ad ambienti e rapporti delinquenziali, per aver commesso atti osceni nel 1958 quando il pubblico pudore era decisamente diverso, un mancato versamento di Iva e un abuso edilizio nel 1980, quando per altro nel comune di San Cipriano d’Aversa mancava completamente il piano regolatore.
Secondo l’avvocato Giovanni Zara, legale dei familiari di Flavio Russo, “il rifiuto al riconoscimento da parte del Ministero non è giustificato e lo sarebbe solo se il papà della vittima avesse commesso reati di mafia, che il ministero si sia appellato a questo tipo di sentenza lascia interdetti”. “In più – continua Zara- se si pensa che Rodolfo Russo per quei reati è stato completamente riabilitato dinanzi alla legge e che questo non viene preso in considerazione dagli uffici ministeriali, gli stessi che per primi dovrebbero far valere ogni tipo di principio legislativo, apre una questione di diritto e doveri che non può assolutamente essere lasciata al caso”.
Nel 2001 lo stesso Ministero ma evidentemente con funzionari diversi, riconobbe Flavio Russo vittima innocente e i familiari come persone meritevoli del riconoscimento. Cosa è cambiato? Assolutamente nulla visto che i reati, riabilitati, erano stati già commessi. E allora, perché?
Flavio Russo venne ucciso perché si era recato presso l’officina di Francesco Mauriello di professione meccanico e vittima designata dell’agguato camorristico. Russo si trovò in quel momento presso quel luogo, solo per un caso, dovendo pagare le riparazioni alla sua autovettura così come è stato ricostruito dalla sentenza. Flavio aveva appena 21 anni ed era solo uno studente universitario ed era un ragazzo totalmente estraneo ad ambienti delinquenziali così come ha avuto modo di dire, con parere scritto, anche l’allora procuratore aggiunto della Dda di Napoli, Federico Cafiero De Raho attuale Procuratore nazionale Antimafia, ma neppure questo conta per il Ministero. Quando sentì i colpi Russo, pietrificato dalla paura, tentò di ripararsi davanti al cofano anteriore della sua auto e proprio in quel luogo, ritenuto da lui sicuro, venne colpito da un proiettile vagante. Non morì subito ma dopo tre lunghe ore di agonia e dolore.