Vermocane, cos’è e perché rappresenta un pericolo per l’ecosistema

Una nuova minaccia per l’ecosistema sta proliferando nel Mar Mediterraneo: il vermocane. Ecco tutto quello che c’è da sapere a proposito

I vermi di fuoco sono un insieme di creature marine noti per la sensazione di bruciore intenso che provocano quando entrano in contatto con la pelle. Identificare un animale di questo genere è abbastanza semplice poiché sono policheti, simili ai lombrichi marini, e presentano lunghe setole calcaree visibili che sporgono dal corpo: sono proprio queste strutture che li rendono urticanti. Nel complesso, esistono circa 200 specie di bruchi di mare, suddivise in 25 generi. Tra queste, una delle specie più conosciute nel Mediterraneo è il vermocane (Hermodice carunculata), il quale rappresenta un rischio per l’ecosistema. Ecco tutto quello che c’è da sapere a riguardo.

Ecco cos’è il vermocane e perché è pericoloso per l’ecosistema

Fino a poco tempo fa, erano abbondanti nell’area del canale di Suez, ma a causa del riscaldamento del Mediterraneo, si sono diffusi anche nei mari di Sicilia, Calabria e Puglia. Stiamo parando dell’Hermodice carunculata, il vermocane, una specie la cui popolazione era sotto controllo, ma con le anomale ondate di calore degli ultimi due-tre anni, si è rapidamente moltiplicata e si nutre di una vasta gamma di alimenti marini. Questo animale, carnivoro e piuttosto vorace, sta causando problemi sia alle specie che abitano le riserve marine, come i coralli, sia ai pescatori, che rischiano di vedere le loro reti saccheggiate.

Vermocane
Vermocane | Pixabay @Pinosub – iReporters

Le caratteristiche del vermocane

Il vermocane, noto scientificamente come Hermodice carunculata, è una specie endemica del Mediterraneo. Secondo l’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS), confermato da Michela D’Alessandro insieme ai colleghi Valentina Esposito e Marco Graziani, che stanno studiando questa specie, il vermocane è stato avvistato anche vicino alla riva.

Gli esperti affermano che questi animali sono in grado di rigenerarsi quando vengono divisi in due, possiedono aculei contenenti tossine urticanti e sono voraci predatori, tanto da depredare tutto il pesce catturato nelle reti dei pescatori. Questo fenomeno sta diventando un serio problema per l’ecosistema marino. Caratterizzati da colori vivaci e con una lunghezza media tra i 20 e i 30 centimetri, in alcuni casi possono anche superare il metro di lunghezza. “Le loro setole contengono tossine urticanti che causano edemi e prurito“, hanno confermato gli esperti.

Le loro tossine sono state oggetto di ricerche mirate: “Abbiamo identificato una sostanza irritante, ma è ancora molto lontano il tempo in cui si potranno trovare rimedi contro le loro punture“, ha spiegato Roberto Simonini, fisololgo dell’Università di Modena e Reggio Emilia, che ha isolato le sostanze tossiche prodotte dai vermocane. “Se la puntura avviene in punti dove la pelle è spessa, si sente un bruciore localizzato, ma se colpiscono zone dove la pelle è più sottile, come il gomito o il ginocchio, il dolore è molto forte e prolungato“, ha aggiunto.

Come altri policheti, i vermocane presentano variazioni morfologiche e cromatiche. Questa specie può variare dal color arancio al rosso scuro, dal viola al verde profondo, evidenziando ciuffi di chete bianchi ben visibili.

Il nome scientifico della specie (carunculata) deriva da una particolare caratteristica anatomica, la caruncula. Questa struttura, presente solo in alcuni policheti, si trova nella parte posteriore del prostomio (la parte corrispondente alla testa dell’animale) e svolge una funzione sensoriale.

Il vermocane si riproduce sia sessualmente che asessualmente. Nella riproduzione sessuale, avviene l’unione dei gameti maschili (spermatozoi) e femminili (ovuli), dando origine a un uovo che si sviluppa in una larva (chiamata trocofora), la quale successivamente si trasforma in un individuo adulto.

La riproduzione asessuale avviene attraverso frammentazione e rigenerazione. In questo caso, se il vermocane viene diviso in due parti, ciascuna di esse è in grado di rigenerare i segmenti mancanti. Se si osserva il colore, spesso la parte rigenerata manca di pigmentazione. Sebbene questo tipo di riproduzione non sostituisca quella sessuale, contribuisce all’aumento del numero di individui.

Le prime testimonianze della presenza di questa specie risalgono al XIX secolo e oggi, grazie al riscaldamento delle acque e alla mancanza di predatori naturali, sta espandendosi verso nord.

Vermocane che si nutre
Vermocane che si nutre | Pixabay @GiorgioCavallaro – iReporters

Nel corso degli anni, ha guadagnato la reputazione di distruttore dei fondali, poiché la sua voracità è in grado di alterare o devastare vaste aree marine, influenzando le popolazioni di altre specie. Nutrendosi di coralli, anemoni, ricci di mare, stelle marine e oloturie (cetrioli di mare), il vermocane è diventato la principale causa della desertificazione dei fondali rocciosi.

Sorge quindi spontanea la domanda: se il vermocane ha sempre fatto parte dell’ecosistema marino del Mediterraneo, perché ha iniziato a causare problemi solo negli ultimi anni?

In un ecosistema sano e in equilibrio, l’abbondanza di una specie è regolata da diversi fattori, tra cui la predazione. Saraghi, orate e pagelli sono pesci della famiglia degli sparidi, dotati di una bocca robusta e potente.

La loro dieta è composta principalmente da molluschi bivalvi (come le cozze), crostacei e anellidi marini, inclusi i vermocane. È quindi evidente quanto sia importante la presenza di questi pesci per controllare la crescita della popolazione di questo “invasore”.

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