“Si potrebbe sperare che gli stati con le politiche più restrittive sull’aborto, che sostengono il divieto dell’aborto per motivi di protezione dei bambini e delle famiglie, abbiano un’infrastruttura pubblica altamente sviluppata per supportare l’accesso all’assistenza sanitaria riproduttiva e ai servizi sociali materni e familiari, invece non è così”, ecco cosa rivela lo studio
Da uno studio è emerso che negli stati con politiche più restrittive sull’aborto mancano adeguati sostegni alle famiglie. Dalla mappatura effettuata è risultato che dove ci sono più limiti e divieti c’è il minor numero di politiche a sostegno della crescita delle famiglie, come i programmi di assistenza per donne, neonati e bambini, WIC o quello di assistenza temporanea per le famiglie bisognose. In questi Paesi infatti, per accedere a questi servizi bisogna avere un reddito ancora più basso. La sentenza Dobbs, emessa dalla Corte Suprema degli Stati Uniti il 24 giugno 2022, ha lasciato i singoli stati liberi di decidere riguardo il diritto all’aborto.
“Si potrebbe sperare che gli stati con le politiche più restrittive sull’aborto, che sostengono il divieto dell’aborto per motivi di protezione dei bambini e delle famiglie e hanno i più alti tassi preesistenti di persone in età riproduttiva e in procinto di partorire svantaggiate dal punto di vista socioeconomico, abbiano un’infrastruttura pubblica altamente sviluppata per supportare l’accesso all’assistenza sanitaria riproduttiva e ai servizi sociali materni e familiari. Invece, come osserviamo qui, non è così e la relazione inversa è identificata in diverse metriche“, chiariscono gli autori dello studio.
Nella ricerca della Northwestern Medicine, pubblicata sull’American Journal of Public Health, si afferma che: “Anche dopo la gravidanza, le famiglie e i bambini che vivono negli stati più restrittivi ricevono meno supporto rispetto a quelli degli stati meno restrittivi“. Una delle scoperte più importanti è che nonostante l’American College of Obstetricians and Gynecologists abbia approvato il congedo parentale retribuito dopo il parto, oltre il 50% delle persone non ha avuto accesso a questo servizio nel post-partum.
Molti stati con le restrizioni più severe sull’aborto rendono anche più difficile per le persone con figli qualificarsi per i programmi di assistenza finanziati dallo stato e forniscono meno supporto a coloro che si qualificano.
Nigel Madden, laureato in medicina materno-fetale alla Northwestern University Feinberg School of Medicine e autore principale dello studio, ha dichiarato: “Abbiamo scoperto che negli Stati che limitano maggiormente l’aborto, le donne, i bambini e le famiglie che i sostenitori dell’aborto cercano di ‘proteggere’ sono le popolazioni che vengono lasciate indietro, con un minore accesso all’assistenza sanitaria e ai servizi sociali per le famiglie, quando la gravidanza viene portata avanti“.
“Si tratta di uno degli unici studi accademici che esamina sistematicamente l’intersezione tra la politica abortiva degli Stati post-Dobbs e l’accesso degli Stati all’assistenza sanitaria riproduttiva e alle politiche e ai programmi sociali per la famiglia“, ha aggiunto Madden. Lynn Yee, professoressa di ostetricia e ginecologia al Feinberg e medico della Northwestern Medicine, ha affermato: “I sostenitori delle restrizioni all’aborto, che si identificano come ‘pro-vita’, ritengono che queste politiche sono essenziali per proteggere i bambini, le donne e le famiglie“.
“Sembrerebbe che in questi Stati l’atteggiamento “pro-vita”, contrario all’aborto, non solo inizi al momento del concepimento, ma finisca anche lì“, ha proseguito Yee, anche lei autrice dello studio. “La misura in cui questi Stati non riescono a sostenere le loro popolazioni più svantaggiate merita attenzione e azione immediata“, ha dichiarato Katie Watson, docente di educazione medica, scienze sociali mediche e ostetricia e ginecologia al Feinberg e coautrice del lavoro. “I sostenitori dovrebbero cogliere l’occasione per far leva sulle argomentazioni a tutela dell’infanzia dei politici antiabortisti e incoraggiarli a puntare su politiche che sostengano il benessere individuale e familiare“, ha aggiunto Watson.
Gli autori dello studio hanno spiegato: “Ciò potrebbe includere l’aggiunta di nuove politiche come l’espansione di Medicaid post-partum o il congedo familiare e medico retribuito; l’aumento dell’ammissibilità ai programmi di assistenza statali come WIC e TANF o la creazione di nuovi programmi come le cliniche sanitarie mobili per servire le donne incinte nei deserti di assistenza alla maternità“. Gli Stati con politiche maggiormente restrittive sull’aborto sono 21.
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