Tumori, ospedali in rete per aumentare sopravvivenza dei pazienti
“Parte da Napoli il primo progetto di ‘Rete Cardioncologica’ che mette in collegamento 10 ospedali della Campania per garantire un rapido accesso alle cure e un trattamento evidence-based, quindi secondo le linee guida, a tutti i pazienti in terapia antitumorale che devono parallelamente essere seguiti a livello cardiaco per evitare complicanze; le stesse, se non trattate, sono ancora oggi responsabili di circa un terzo dei decessi dei pazienti nei malati di tumore”. Così Nicola Maurea e Michelino de Laurentiis, rispettivamente direttore della Struttura Complessa di Cardiologia e direttore del Dipartimento di Oncologia Senologica dell’Istituto Nazionale per i Tumori Fondazione Pascale dove si è aperto il VI congresso nazionale di Cardioncologia, organizzato dai due specialisti – che ne sono copresidenti- assieme al direttore generale Attilio Bianchi e al direttore dcientifico Gerardo Botti, in partnership con l’MD Anderson Cancer Center di Houston, Università del Texas.
La Rete Cardioncologica in Campania mira ad inserirsi sulla rete oncologica campana coordinata dall’Istituto Pascale.
“L’obiettivo della cardioncologia – spiega Maurea – è diagnosticare, prevenire e trattare le eventuali complicanze cardiovascolari nei pazienti che seguono terapie antitumorali. Infatti, se la sopravvivenza a 5 anni dei pazienti oncologici oggi supera il 70%, con punte tra il 90 e il 100% (come ad esempio in alcuni casi di tumore al seno e della prostata) e in Italia i sopravviventi sono esattamente 3.460.025 nel 2019 – in Campania sono circa 350mila con un incremento del 24% rispetto al 2010 – purtroppo i dati confermano che il 50% dei decessi è dovuto alla patologia oncologica mentre per il 30% dei pazienti oncologici è legata a complicanze cardiovascolari, alcune volte causate proprio dalle terapie antitumorali. Per cui lo sforzo di creare una Rete Cardioncologica campana coordinata dal Pascale e volta a gestire tempestivamente queste complicanze assume un valore sociosanitario fondamentale”.
“Gli ospedali in rete – aggiunge De Laurentiis – sono il Pascale, AOU Federico II, AOU L. Vanvitelli, AOU Salerno, Ospedale dei Colli, Cardarelli, Ospedale del Mare, ospedale Rummo di Benevento, il Moscati di Avellino e l’ospedale San Sebastiano di Caserta. Ma oltre al confronto continuo tra cardiologo ed oncologo sulle terapie prescritte ai pazienti, è fondamentale, è stato rilevato, l’interazione con il territorio, con i cardiologi ambulatoriali e i medici di medicina generale. Lavorando in sinergia (cardiologi, oncologi, ospedali in rete cardioncologica regionale), abbatteremo ulteriormente i tempi per la presa in carico del paziente; ed essendo in campo cardiologico il fattore tempo una variabile decisiva, il risultato si tradurrà in un maggior numero di vite salvate”.
Secondo i dati della Fondazione AIOM, infatti, il 38% delle persone colpite da tumore non fa sport, nonostante ne siano stati ampiamente dimostrati i benefici: praticare infatti una regolare attività fisica aiuta a combattere il cancro, a contrastare gli effetti collaterali delle terapie antitumorali e a prevenirne persino le recidive: “Ma il dato che emerge al congresso, che è una recente acquisizione scientifica – afferma Maurea – è che l’esercizio fisico intenso protegge dalla cardiotossicità dei farmaci antitumorali. Fare sport intenso, insomma, previene lo scompenso cardiaco e questo è particolarmente vero nelle donne affette da cancro al seno”. De Laurentiis conferma: “Con mezz’ora di attività fisica moderata da praticare tutti i giorni si ottengono benefici inimmaginabili; per esempio, si riduce del 25% la mortalità per tumore del seno nelle donne rispetto a quelle sedentarie”.
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