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Trump: “Non credo che Washington abbia avuto degli schiavi”. Ma i fatti lo smentiscono

La dichiarazione errata dell’ex presidente è avvenuta durante un incontro con i membri di Colazione Fede e Libertà, un gruppo cristiano conservatore

La marcia verso le elezioni presidenziali negli Stati Uniti procede senza sosta e Joe Biden e Donald Trump si stanno preparando al primo faccia a faccia, che sarà trasmesso dalle emittenti americane giovedì 27 giugno. Nel weekend i due candidati si sono allenati allo scontro dialettico in modi diversi: mentre l’attuale presidente si è cimentato in alcuni dibattiti simulati nella residenza di Camp David, il suo avversario ha improvvisato dei comizi. È stato proprio durante uno di questi appuntamenti che il tycoon si è incappato in una gaffe storica.

La dichiarazione (errata) di Trump su George Washington

Mentre stava arringando i membri di Colazione Fede e Libertà, un gruppo cristiano conservatore, Trump ha iniziato a parlare della cancel culture e ha criticato la proposta avanzata dai Democratici di cambiare i nomi di scuole, strutture militare e altri luoghi dedicati ai leader confederati e ai proprietari di schiavi, tra cui anche George Washington, il primo presidente degli Stati Uniti. “Vogliono che il suo nome venga rimosso da una scuola superiore, ma non sanno perché. Pensano che avesse degli schiavi, ma probabilmente non era così”. In realtà il fatto che George Washington avesse degli schiavi è molto ben documentato, soprattutto perché il presidente in persona ne ha parlato nei suoi registri, come osservato da Alexis Cole, analista del think tank New America e autore di una biografia di Washington. Per l’esperto, negare un fatto storico comprovato da innumerevoli fonti è “riprovevole a livello personale” e avere un candidato alla presidenza che diffonde una versione distorta della storia statunitense è “un pericolo per il Paese”.

Quanti schiavi aveva Washington?

I dati a disposizione indicano che al momento della morte di Washington, avvenuta nel 1799, nella sua residenza a Mount Vernon c’erano 317 persone ridotte in schiavitù, tra le quali 123 possedute direttamente dal presidente, 53 “prese in prestito” da altre piantagioni e 153 provenienti dalla proprietà di Daniel Parke Custis, il primo marito della moglie Martha.

È però doveroso riportare che Washington non era del tutto a favore del concetto di schiavitù e nel corso dei suoi ultimi vent’anni di vita prese in considerazione la possibilità di abolirlo. Nel suo testamento concesse la libertà a uno dei suoi servitori di vecchia data e stabilì che tutti gli altri sarebbero stati liberati in seguito alla morte della moglie Martha. Quest’ultima liberò gli schiavi posseduti dal marito un anno dopo la sua dipartita, ma tenne per sé quelli che aveva ereditato.

L’infelice battuta di Trump sui forni crematori

Negli ultimi giorni l’immagine di Trump è stata ulteriormente danneggiata in seguito ad alcune dichiarazioni rilasciate da Barbara Res, ingegnere capo della costruzione della Trump Tower e autrice del libro di memorie “Tower of Lies”, incentrato sui quasi vent’anni trascorsi a lavorare assieme all’ex presidente.

Donald Trump davanti alla bandiera degli Stati Uniti | EPA/SHAWN THEW – iReporters.it

Parlando con l’emittente Msnbc, la donna ha raccontato che nel corso di un incontro con alcuni dirigenti ebrei il tycoon fece una battuta infelice sui forni crematori. “Avevamo appena assunto un residential manager, un tizio tedesco, e Trump si vantava tra noi dirigenti, eravamo in quattro, di quanto fosse bravo quel tipo e di come fosse un vero gentiluomo, così ordinato e pulito. Poi guardò un paio dei nostri dirigenti, che guarda caso erano ebrei, e disse: ‘attenti a quel tizio, in un certo senso si ricorda dei forni’, e poi sorrise.”

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Alessandro Bolzani

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