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Testimone di giustizia, Coppola: “Il camorrista che ho mandato in carcere, è libero ed io ho paura”

Sotto protezione fu mandato a Pesaro ma da lì dovette scappare perché i camorristi lo avevano trovato. Cuneo, Pesaro e Vicenza. Sono le tre città che lo hanno ospitato quando era nel programma di protezione perché testimone di giustizia. Nel 2007 è tornato a Pompei e ha avuto una scorta fino al 2012. «Mi dissero che non dovevo più preoccuparmi perché ormai i camorristi che avevo denunciato e fatto arrestare erano tutti in carcere. Ora che il boss che ho mandato in carcere è uscito ed è libero di camminare per le strade del paese, sono preoccupato e ho paura ma nessuno mi risponde». È la denuncia di Luigi Coppola, testimone di giustizia che da due settimane ha completamente perso il sonno e la pace. «Non credo che io possa passarla liscia ma spero che almeno se la prenderanno solo con me e non con la mia famiglia che mi ha già seguito in un percorso complicato», confessa Coppola.

Coppola vendeva automobili e nel 2001, dopo aver trascorso anni fra estorsioni, usura e minacce di morte rivolte anche alla moglie alle sue due figlie, decise di denunciare ogni cosa. Furono arrestate 32 persone, tra affiliati al clan Cesarano, Pesacane e Gionta. Ventitré di queste sono poi state condannate in via definitiva per associazione mafiosa. Il clan dei Pesacane chiamato “banda armata” per la sua brutalità ne uscì decimato. Il processo fu seguito come pubblico ministero da Giuseppe Borrelli e fu proprio il pm che gli consigliò di abbandonare il suo paese e di entrare nel programma di protezione.

Sotto protezione a Pesaro e costretto a scappare

«Niente è stato facile e nemmeno logico. Ogni volta eravamo costretti ad andare via perché ci avevano individuato. A Pesaro ci restammo solo per sei mesi», racconta Coppola. Sì Pesaro, proprio la città che a Natale è stata teatro dell’omicidio di Bruzzese, fratello del collaboratore di giustizia di Cittanova. Una meta evidentemente, neppure tanto segreta se è stata già scoperta altre volte dalle organizzazioni criminali. Coppola abitava nel centro storico, in un appartamento pagato dal Ministero dell’Interno, poco distante dal Teatro Rossini. Si accorse che un’auto lo seguiva e lo comunicò al Nucleo Operativo di Protezione che fece dei controlli. Emerse che quell’automobile veniva da Scafati e quindi dal territorio nel quale Coppola e la famiglia avevano abitato.

«Quando sono tornato a Pompei ho riaperto di nuovo la mia attività per vendere auto ma non è andata bene. Ho dovuto svendere tutto ed ora è difficile andare avanti», confessa Coppola. Ma perché è tornato nella città che lo aveva fatto sentire in pericolo? «Non sarei mai dovuto andare via. Fu un errore, sono gli altri a dover andare via». Ora le figlie hanno 21 e 25 anni e la questione non è ancora stata chiusa.

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