La pasticceria Butterfly di Casapesenna utilizzata come bunker per ospitare i summit di camorra. Queste le dichiarazioni di sette collaboratori di giustizia che hanno portato all’arresto di Giuseppe Santoro e Pasquale Fontana, definiti i pasticcieri della camorra perché accusati dalla Dda di fiancheggiare il clan dei Casalesi fazione Michele Zagaria.
I pasticcieri vicini alla camorra: l’avvio delle indagini
Le indagini che hanno portato all’arresto di Giuseppe Santorno e Pasquale Fontana hanno preso il via in modo quasi casuale, ovvero dalla denuncia dello smarrimento di un assegno fatto dalla moglie di giuseppe Santoro rilasciato da una banca in provincia di Bologna. Quello stesso assegno era stato portato in un’altra banca, questa volta a Nola, per tentare di incassarla facendo scattare il sequestro da parte dei carabinieri. Da qui sono partiti ulteriori accertamenti, anche perché le forze dell’ordine sono state insospettite dal fatto che quell’assegno faceva capo ad un conto finanziario acceso da uno degli 8 indagati, in una banca di Casalecchio area in cui ufficialmente la società madre Butterfly non aveva alcun interesse commerciale e finanziario, dato che la sede legale è registrata a Castel Volturno, mentre l’unica attività operativa veniva registrata a Casapesenna in via Petrillo. Approfondendo queste indagini gli uomini della squadra mobile di Caserta hanno scoperto un giro di intestazioni fittizie e di presenze anomale della Butterfly fuori regione, riuscendo anche a far sequestrare beni immobili, terreni e quote societarie riconducibili direttamente o indirettamente a Giuseppe Santoro e Pasquale Fontana.
Pasticceria Butterfly a Casapesenna: parlano i pentiti
Sono sette in tutto i collaboratori di giustizia che sono stati ascoltati negli anni dai magistrati e che hanno dato indicazioni sulla vicinanza di Santoro e Fontana con il clan dei Casalesi fazione Zagaria. In particolare a dare dettagli sono stati Michele barone, Antonio Iovine, Attilio Pellegrino, Massimiliano Caterino, Salvatore Venosa, Raffaele Piccolo e Umberto Venosa. Molti sono i dettagli forniti dai collaboratori di giustizia che hanno sottolineato come in un momento di difficoltà finanziaria era stato proprio l’ex capoclan Michele Zagaria ad aiutare finanziariamente la pasticceria Butterfly ed i suoi gestori. Come emerso dalle indagini e dagli interrogatori pare che la pasticceria fosse a disposizione del clan sia per ospitare summit di camorra, ma anche per la consegna di pizzini e per ospitare Michele Zagaria durante la latitanza.