Dai vecchi capi come Michele Zagaria alla nuova organizzazione del clan dei Casalesi. A Casal di Principe ne hanno parlato il pm Alessandro D’Alessio, il comandante della Dia Giuseppe Governale e il Procuratore di Napoli, Giovanni Melillo.
“La grande intuizione di Michele Zagaria è stata quella di non bloccare i cantieri, ma di diventare soci dei grandi imprenditori”, lo ha detto il Sostituto procuratore Dda Napoli, Alessandro D’Alessio a Casal di Principe intervenendo alla seconda giornata della Summer School Ucsi– Scuola di giornalismo di inchiesta. “La mafia casalese ha capito subito che per guadagnare bisognava controllare certi settori dell’economia attraverso i consorzi”, ha aggiunto D’Alessio tracciando ricaduta economica del clan dei Casalesi. “Secondo quanto riportato dai collaboratori di giustizia, il clan dei Casalesi non si è mai occupato di tre attività criminali: le esecuzioni immobiliari, spesso rivolte alla povera gente, gli stupefacenti e l’usura. Avevano capito che dovevano farsi amare dalla gente per acquisire potere e controllare il territorio”, ha detto il magistrato parlando alla platea di giornalisti, senza risparmiare critiche al sistema bancario.
Le organizzazioni criminali hanno la capacità di farsi interpreti dei sogni delle persone, andando a sostituire lo Stato. Quello che mi fa arrabbiare –ha confessato D’Alessio- è l’eccessiva disponibilità delle banche ad aiutare i cosiddetti ‘investitori sponsorizzati’, senza ricevere particolari garanzie. Ma oggi si assiste ad un mutamento: gli imprenditori si fanno forti della complicità con mafia e politica e, grazie alla corruzione, arrivano praticamente ovunque.
“Le mafie, pur di ripulire il denaro, sono disposte a perderne una buona parte perché altrimenti il denaro sporco non sarebbe spendibile. A Milano nel 2018 c’è stato un aumento del 38% dei ristoranti perché le organizzazioni criminali, in particolare la ‘ndrangheta, hanno l’esigenza di ‘lavare’ i proventi del narcotraffico “, ha spiegato il comandante della Dia, generale Giuseppe Governale, intervenendo alla scuola del giornalismo di inchiesta nella ex villa Scarface, oggi Villa Liberazione.
Tra gli altri interventi, quello del Procuratore di Napoli, Giovanni Melillo che ha parlato di “giornalismo, come un pilastro del tessuto democratico del nostro Paese che va difeso. Le varie mafie – ha proseguito Melillo – hanno in comune un tratto spesso dimenticato: la capacità di trasformare la violenza in ricchezza. Ciò esige il ricorso alla corruzione. Le mafie hanno un servizio di intelligence per carpire informazioni sulle indagini in corso. Le organizzazioni criminali, attraverso gli imprenditori, cercano approvazione sociale e soprattutto una via di ingresso nel sistema legale. Nel 1980 i procuratori della Repubblica – ha concluso – neanche pronunciavano la parola ‘mafia’, combattuta esclusivamente dalla società civile, dai sindacati e da alcuni partiti politici. La lotta alla mafia è un fenomeno relativamente recente”.
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