Plastic e sugar tax: slittano a luglio 2024. Perché vengono continuamente rinviate? E di cosa si tratta nello specifico?
Dal dicembre 2019 in Italia esistono due tasse che non vengono applicate, nonostante siano previste dalla legge: la plastic tax e la sugar tax.
In quasi quattro anni e mezzo, l’entrata in vigore di queste imposte è stata posticipata sei volte, suscitando lunghe polemiche politiche e alcuni partiti hanno cambiato più volte la loro posizione a riguardo.
Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha deciso di rinviare nuovamente una delle due tasse: la plastic tax, che riguarda gli imballaggi monouso non compostabili per i prodotti alimentari, verrà applicata non prima del 1° luglio 2026.
La sugar tax, invece, che colpisce le bevande analcoliche zuccherate, entrerà in vigore il 1° luglio di quest’anno in forma ridotta per due anni. Dal 1° luglio 2026, anche questa tassa sarà applicata integralmente, insieme alla plastic tax.
La volontà di Giorgetti è emersa venerdì scorso, quando il Ministero dell’Economia ha inviato alla commissione Finanze del Senato alcuni emendamenti al decreto “Superbonus”, in discussione in quella commissione.
Questo ha scatenato una polemica tra Giorgetti, vicesegretario della Lega, e il ministro degli Esteri Antonio Tajani, segretario di Forza Italia, che si è dichiarato fermamente contrario all’entrata in vigore della sugar tax. Entrambi si sono accusati di non rispettare gli impegni presi. In realtà, tutti i partiti di destra hanno mostrato incoerenza sulla sugar tax.
La sugar tax e la plastic tax furono introdotte nel dicembre 2019 dal governo PD-Movimento 5 Stelle guidato da Giuseppe Conte con la legge di bilancio, il provvedimento che definisce le politiche economiche per l’anno successivo.
Fin dall’inizio, le tasse furono oggetto di vivaci discussioni: i partiti di destra, allora all’opposizione, erano contrari, mentre quelli della maggioranza erano poco convinti.
Italia Viva di Matteo Renzi contestò apertamente le nuove tasse, una parte del Partito Democratico espresse perplessità, e persino il Movimento 5 Stelle, che le aveva proposte, accettò di ritardarne l’entrata in vigore.
Secondo il Movimento 5 Stelle e parte del PD, le due tasse non erano solo finalizzate ad aumentare gli introiti statali, ma anche a promuovere comportamenti più virtuosi tra aziende e consumatori.
La plastic tax mirava a colpire le imprese che utilizzavano imballaggi non compostabili, incentivando pratiche più ecologiche. La sugar tax, invece, era volta a favorire stili di vita più sani riducendo il consumo di bibite zuccherate.
Tuttavia si capì subito che l’applicazione delle tasse sarebbe stata complessa e che introdurle rapidamente avrebbe creato problemi alle aziende, che non avrebbero avuto tempo per adeguarsi.
Inoltre, molte aziende del settore degli imballaggi hanno sede in Emilia-Romagna, dove a gennaio 2020 erano previste importanti elezioni regionali.
Di fronte alle proteste delle imprese e degli amministratori locali del PD, il governo decise di ridurre l’impatto della plastic tax e posticiparla a luglio 2020. Allo stesso modo, l’introduzione della sugar tax fu rimandata a ottobre 2020.
La sugar tax prevede un’aliquota unica di 10 centesimi al litro e si applica ai produttori di bevande con più di 25 grammi di zucchero per litro, comprendendo tutte le principali bibite analcoliche (gassate e non) in commercio.
Inoltre, la tassa riguarda anche i preparati in polvere che vanno disciolti in acqua prima del consumo: per questi prodotti, con oltre 125 grammi di zucchero per chilo, l’aliquota è di 25 centesimi al chilo. Secondo le stime del governo Conte nel 2019, la tassa avrebbe garantito introiti per circa 275 milioni di euro all’anno.
Nel maggio 2020, tra le misure di sostegno all’economia durante la pandemia contenute nel decreto “Rilancio”, venne approvata la prima proroga: la sugar tax, insieme alla plastic tax, sarebbe entrata in vigore dal primo gennaio 2021.
Nella legge di bilancio approvata a dicembre di quell’anno, il termine fu ulteriormente posticipato al primo gennaio 2022. Successivamente, il governo Draghi rinviò due volte l’introduzione delle due tasse.
Giorgia Meloni, che aveva criticato duramente queste tasse definendole «un imbroglio» e accusandole di indurre il trasferimento all’estero di aziende come Coca-Cola, arrivò al governo nell’ottobre 2022 e decise subito di rinviare l’introduzione delle tasse al primo gennaio 2024, con l’obiettivo dichiarato di abolirle entro un anno.
Tuttavia, nella legge di bilancio del dicembre 2023, invece di eliminarle, il governo si limitò a ritardarle ulteriormente, prevedendone l’introduzione nel luglio 2024. Eccoci quindi alla scadenza attuale, che sta generando discussioni all’interno del governo.
L’emendamento scritto dal governo al decreto Superbonus conferma l’introduzione della sugar tax a partire da luglio di quest’anno, ma prevede che fino al 2026 la tassa si applichi con aliquote dimezzate: 5 centesimi di euro al litro per le bevande zuccherate e 13 centesimi al chilo per i prodotti solubili contenenti zucchero oltre i limiti stabiliti.
Tajani e Forza Italia contestano questa scelta, minacciando di non votare l’emendamento al Senato e annunciando possibili ulteriori modifiche al testo.
Giorgetti ha ricordato che la proroga a luglio 2024 era stata votata da tutti i partiti di destra nell’ultima legge di bilancio, quindi l’emendamento non fa che confermare quella data per l’entrata in vigore della sugar tax.
Tajani ha ribattuto che il parlamento aveva impegnato il governo a un ulteriore ritardo: “La Camera con il parere favorevole del governo ha approvato un ordine del giorno per rinviare di un paio di anni la sugar tax”, ha dichiarato Tajani in un’intervista al Corriere della Sera.
Tajani si riferisce agli ordini del giorno – cioè suggerimenti non vincolanti del parlamento al governo – connessi all’ultima legge di bilancio. Tuttavia, il suo ricordo non è preciso.
Gli ordini del giorno approvati il 29 dicembre erano due: uno di Forza Italia e l’altro di Fratelli d’Italia, sostanzialmente uguali. Questi impegnavano il governo “a valutare l’opportunità” di predisporre interventi normativi per risolvere lo stato di incertezza derivante dai continui rinvii dell’imposta.
Una formulazione piuttosto vaga, soprattutto perché il governo, prima di dare parere favorevole, aveva imposto una modifica. Forza Italia e Fratelli d’Italia chiedevano che le modifiche avvenissero “nel prossimo provvedimento utile”; il ministero dell’Economia aveva fatto rimuovere questo inciso, rendendo il tutto ancora più fumoso.
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