Nel 28° anniversario della strage di via d’Amelio, in cui Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta furono straziati dalla violenza del tritolo di cosa nostra, il presidente della Commissione Parlamentare antimafia ricorda il giudice palermitano.
“Materialmente il tritolo mafioso ha posto fine alle loro esistenze. Più del tritolo hanno fatto inerzie, omissioni, negligenze e pavidità”, dice Nicola Morra, presidente della Commissione parlamentare Antimafia e non lesina accuse. “È un dato di fatto che pezzi dello Stato abbiano flirtato con l’antistato, che tuttora una salda, rigorosa ed ineludibile cultura antimafia non sia patrimonio collettivo”. “C’è ancora tanto da fare in questa direzione – insiste- ma lo dobbiamo a uomini come quelli di cui ricorderemo domani la morte. Ed a tutti i familiari -tutti, nessuno escluso- delle vittime del dovere nei confronti dello Stato, vittime cadute per mano di chi lo Stato democratico l’ha tradito svendendosi all’altra parte. E chi ancora non l’ha capito e non dà il massimo per sconfiggere quest’emergenza criminale-mafiosa ha un’idea di democrazia bislacca, se non ipocrita”. Morra parla di vittime del dovere ma giusto sarebbe anche parlare dell’innocenza delle vittime delle mafie e non solo di chi in qualche modo indossava la divisa. Sul punto c’è davvero molto da fare. I ritardi si accumulano nella politica e nei sistemi ministeriali e prefettizi. L’idea di uno Stato forte che sa bene da che parte stare pare essere sbiadita. Forse che lo Stato continua a flirtare con l’antistato?.