Come la Palestina, da poco riconosciuta da Spagna, Irlanda e Norvegia, diventare uno Stato riconosciuto è un processo stranamente discrezionale, ma fondamentale per ottenere legittimità e diritti
La guerra di Israele a Gaza, in corso da più di sette mesi dall’attacco di Hamas contro Israele del 7 ottobre, ha rilanciato la spinta globale per il riconoscimento di uno Stato palestinese.
Mercoledì, Norvegia, Spagna e Irlanda hanno annunciato l’intenzione di riconoscere uno Stato della Palestina, rompendo con la posizione tradizionale delle potenze occidentali, secondo cui uno Stato palestinese può nascere solo attraverso una pace negoziata con Israele.
Secondo l’Autorità Palestinese, che ha poteri limitati in alcune parti della Cisgiordania occupata, 143 dei 193 Paesi membri delle Nazioni Unite riconoscono già uno Stato di Palestina.
Tra questi ci sono molti Paesi mediorientali, africani e asiatici, ma non gli Stati Uniti, il Canada, la maggior parte dell’Europa occidentale, l’Australia, il Giappone e la Corea del Sud.
Ad aprile, gli Stati Uniti hanno usato il loro veto al Consiglio di Sicurezza dell’ONU per impedire la richiesta palestinese di diventare uno Stato membro a pieno titolo delle Nazioni Unite.
Ecco un breve recap della ricerca di uno Stato da parte dei palestinesi:
Il riconoscimento di uno Stato è un atto giuridico regolato dal diritto internazionale: si tratta di una decisione unilaterale che, nel caso di Spagna e Irlanda, non dipende dall’approvazione dell’UE, che non ha giurisdizione in materia di riconoscimento degli Stati.
Il 10 aprile, l’Assemblea Generale dell’ONU ha approvato una risoluzione che riconosce la Palestina come qualificata per diventare membro a pieno titolo delle Nazioni Unite, raccomandando al Consiglio di Sicurezza di “riconsiderare favorevolmente la questione”.
Il testo ha ottenuto il favore di 143 Paesi, ma questa decisione richiede l’approvazione del Consiglio di Sicurezza, dove gli Stati Uniti si oppongono.
Il riconoscimento di un nuovo Stato richiede una popolazione definita, un territorio delimitato e un governo che eserciti l’autorità su di esso.
Nel caso della Palestina, nessun presupposto è soddisfatto perché non esistono confini stabiliti a livello internazionale.
Inoltre, non esiste un governo che abbia il controllo sull’intero territorio palestinese: l’Autorità Nazionale Palestinese governa la Cisgiordania, mentre Gaza era sotto il controllo di Hamas fino alla guerra con Israele.
Pertanto, il riconoscimento deve essere interpretato più come una mossa politica per incentivare il processo di pace e sostenere il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese, piuttosto che come un atto giuridico.
L’Autorità palestinese ha cercato a lungo di diventare paese membro dell’ONU, ma purtroppo ad oggi non ci è ancora riuscita perché gli Stati Uniti, alleati da sempre di Israele, avrebbero messo il veto.
Come detto precedentemente però, ha ottenuto livelli di riconoscimento minori, come nel 2012 diventare paese osservatore non membro, che può partecipare all’Assemblea generale ma non ha i diritti dei paesi membri.
Nel corso degli anni, grazie a varie iniziative dei paesi amici, ha acquisito prerogative sempre maggiori ma non è ancora riuscita a diventare membro a pieno titolo.
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