Pasquale Carbone, agli arresti domiciliari con l’accusa di essersi rivolto ad un esponente del clan Belforte per ottenere voti in cambio di soldi, ha amministrato il Comune di San Marcellino per quasi dieci anni. La prima volta fu eletto nel 2006 e la riconferma arrivò con il secondo mandato, interrotto anticipatamente nel 2015, quando si candidò alle elezioni regionali con il Nuovo Centro destra – Campania popolare. Anni prima aveva aderito ad Italia dei valori. Della sua esperienza amministrativa, non si può certo dire che San Marcellino abbia beneficiato, anzi Carbone, che ha ridotto il Comune al dissesto finanziario, in cambio di servizi carenti e speculazione edilizia sul territorio, potrebbe tranquillamente occupare i primi posti dei peggiori sindaci della storia. Fu proprio lui a finire, in piena emergenza rifiuti, nella black list dell’allora capo della Protezione civile Guido Bertolaso. Carbone, in tanti anni di amministrazione, non aveva avuto infatti la capacità di avviare il servizio di raccolta differenziata distinguendosi per l’inerzia, e allo stesso tempo aveva anche consentito che l’isola ecologica da opportunità, divenisse una discarica a cielo aperto. Di bilanci falsati e di aver continuato ad esporre l’ente comunale sebbene in assenza di coperture, Carbone è stato accusato anche dalla Corte dei Conti nell’ambito di un’inchiesta sull’occultamento di un debito di 36 milioni di euro per un comune di appena 13 mila abitanti. Durante la sua amministrazione, il volto di San Marcellino è stato stravolto da una colata di cemento. Decine di lottizzazioni in superfici ristrette.
L’ex sindaco, nella vita avvocato e conosciuto per l’ impeccabile dialettica, svolse l’azione amministrativa fino a quando nel 2015, dopo il fallimento alle regionali, non poté contare sul supporto della sua stessa maggioranza per l’approvazione del bilancio. Eppure aveva anche tentato di mantenere la sua posizione, ricorrendo al “trucco” della multa e al contenzioso legale per evitare le dimissioni legate all’incompatibilità fra la carica di sindaco e la candidatura alla Regione. La corsa al parlamentino campano si rivelò un flop. Ottenne 2539 voti. A Caserta città ne avrebbe dovuti prendere 100, secondo il presunto accordo con l’affiliato del clan Belforte, ipotizzato dalla magistratura inquirente, ma ne ottenne 87. Un exploit si registrò nel comune di Vitulazio, un paese di poco più di 7 mila abitanti, dove fu votato da ben 216 persone. Un bel colpo, se si considera che nel comune di San Marcellino, con quasi il doppio degli abitanti e del quale era stato sindaco, a votarlo furono solo 437 elettori.
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