Il ministro Valditara ha parlato dei danni derivanti da un uso troppo precose degli smartphone e dei social. Ha poi spiegato che “nelle scuole dove lo smartphone non è ammesso, gli studenti socializzano e apprendono meglio”
Diversi pedagogisti e personaggi del mondo dello spettacolo, intellettuali e politici che hanno firmato la petizione su Change.org, hanno lanciato un appello per chiedere al governo un’ulteriore stretta sull’utilizzo degli smartphone per gli under 14 e lo stop ai social per i minori di 16 anni.
Secondo gli esperti, l’esposizione precoce ai dispositivi digitali e ai social può avere gravi conseguenze sullo sviluppo psicofisico dei bambini e degli adolescenti, il cui cervello è molto vulnerabile “all’ingaggio dopaminergico dei social media e dei videogiochi“. Nella petizione si legge che nelle scuole dove lo smartphone non è ammesso gli studenti socializzano e apprendono meglio.
L’appello è stato promosso dal pedagogista Daniele Novara e dallo psicoterapeuta Alberto Pellai. Su Change.org si legge: “Se è vero che spesso le tecnologie migliorano la qualità della vita, questo non accade quando si parla di educazione nella prima infanzia e nella scuola primaria. I bambini e le bambine che utilizzano strumenti tecnologici e interagiscono con gli schermi subiscono due danni: uno diretto, legato alla dipendenza. Uno indiretto, perché l’interazione con gli schermi impedisce di vivere nella vita reale le esperienze fondamentali per un corretto allenamento alla vita“.
La petizione ha raccolto le firme di Paola Cortellesi, Alba Rohrwacher, Valeria Golino, Claudia Gerini, Alba Rohrwacher, Stefano Accorsi, Luca Zingaretti, Edoardo Leo e tanti altri personaggi dello spettacolo.
“È ormai chiaro che prima dei 14 anni avere uno smartphone personale possa essere molto dannoso così come aprire, prima dei 16 anni, un proprio profilo personale sui social media. La nostra non è una presa di posizione anti-tecnologica ma l’accoglimento di ciò che le neuroscienze hanno ormai dimostrato: ci sono aree del cervello, fondamentali per l’apprendimento cognitivo, che non si sviluppano pienamente se il minore porta nel digitale attività ed esperienze che dovrebbe invece vivere nel mondo reale. Simili comportamenti in età prescolare portano ad alterazioni della materia bianca in quelle aree cerebrali fondamentali per sostenere l’apprendimento della letto-scrittura. I fatti lo dimostrano: nelle scuole dove lo smartphone non è ammesso, gli studenti socializzano e apprendono meglio. Prima dei 14-15 anni, il cervello emotivo dei minori è molto vulnerabile all’ingaggio dopaminergico dei social media e dei videogiochi. Anche nelle scuole bisogna essere coerenti con quello che ci dicono le neuroscienze. Smartphone e tablet devono essere usati solo dai docenti per arricchire le proposte didattiche senza prevedere, in classe o a casa e almeno fino ai 15 anni, alcun uso autonomo degli studenti“, continua la nota di Charge.org.
Gli esperti spiegano di essersi confrontati con politici e istituzioni. “Non possiamo stare a guardare un’intera generazione annegare negli smartphone. La situazione è fuori controllo“, sottolinea Novara.
Il ministro Valditara ha parlato dei danni derivanti da un uso troppo precoce degli smartphone e dei social: “Siamo contrari a mettere uno smartphone nelle mani di un bambino di 10 anni. Basterebbe dargli un telefonino di vecchia generazione, se è per comunicare. Il problema è proprio lo smartphone. È come consentire a un ragazzino di guidare un’automobile: nessuno lo farebbe, ma la legge lo vieta. È una questione di tempi giusti, anche in questo caso“. Chi si è unito all’appello ha specifica che non si tratta di una presa di posizione “anti – tecnologica“. Ma è l’accoglimento di ciò che dicono le neuroscienze sulla vulnerabilità del cervello dei minori.
“Chiediamo quindi al Governo italiano di impegnarsi per far sì che nessuno dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze possa possedere uno smartphone personale prima dei 14 anni e che non si possa avere un profilo sui social media prima dei 16. Aiutiamo le nuove generazioni“, si legge in calce alla petizione.
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