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Smart working, com’è la situazione in Europa nel 2024? L’Italia non brilla

Lo smart working in Europa è ancora una modalità di lavoro diffusa, o dopo la pandemia si è tornati tutti in ufficio?

Durante la pandemia da Covid-19 le abitudini di vita di tutti noi sono cambiate radicalmente, come se il tempo si fosse improvvisamente fermato e dilatato fino ad inglobarci tutti in una sorta di bolla densa.

Durante questo periodo così critico e complesso, dal punto di vista di salute fisica ma anche psicologica, sono state introdotte delle modalità di lavoro differenti per cercare di correre ai ripari e garantire un minimo di produttività, anche se da remoto. Tra questi metodi di lavoro alternativi, che in realtà esistono da molti anni ma hanno raggiunto l’apice dei consensi durante il Covid, troviamo proprio lo smart working. 

Lavorare da casa ha permesso a molti lavoratori di poter continuare a svolgere le loro mansioni e portare avanti così non solo l’economi aziendale ma quella del proprio paese. 

Così, nonostante la pandemia sia ormai fortunatamente terminata, questa modalità di lavoro è rimasta viva in molte aziende, mentre in altre è andata via via scomparendo. 

Scopriamo insieme a livello europeo quanto ancora è diffuso lo smart working, qual è la situazione italiana e perché bisognerebbe incentivarlo invece che reprimerlo, soprattutto se si vuole salvaguardare il benessere psicologico dei propri dipendenti. 

Smart working in Europa: quanto è diffuso ancora?

I dati aggiornati dell’Istituto di statistica europeo, ovvero l’Eurostat, mostrano come la Finlandia sia al primo posto a livello di utilizzo della modalità di lavoro da remoto, infatti il 22,4% dei lavoratori finlandesi effettua in smart-working più della metà del proprio monte ore settimanale.

Lo smart working sta calando sempre di più in Italia – Unsplash – ireporters.it

Mentre l’Italia si trova tra gli ultimi posti con un 4,4%, avvicinandosi alla percentuale di smart working pre-pandemica, che era del 3,6%. In poche parole, è come se in Italia fossimo tornati indietro agli anni precedenti al Covid se parliamo di utilizzo della modalità dello smart working, nonostante l’Europa continui ad evidenziarne vantaggi e potenzialità.

Questo è anche dovuto a questioni burocratiche italiane che non prevedono lo smart working come un diritto del lavoratore, bensì come un accordo scritto che il dipendente italiano può firmare con la propria azienda qualora gli venga sottoposto.

A livello generale, 11 Paesi dell’UE si ritrovano in percentuali maggiori rispetto alla media europea del 9% e questo di mostra che tutt’ora questa modalità agile di lavoro viene promossa all’interno dell’UE, nonostante alcune eccezioni tra cui Italia e Cipro.

Da cosa dipende l’utilizzo dello smart working?

L’azienda può decidere di autorizzare la modalità di lavoro da remoto in base ad un proprio bilancio interno, valutando quindi l’effettiva convenienza e la produttività dei dipendenti in loco in confronto alla loro produttività da remoto.

L’aspetto che colpisce è che il risparmio per le aziende dovrebbe essere più alto promuovendo lo smart working, dal momento che le spese relative ad ufficio e luogo di lavoro si dimezzerebbero se meno persone andassero giornalmente  a lavorare, per un ammontare di risparmio pari a 2,5 mila euro l’anno. Ma, a quanto pare, questo vantaggio non è sufficiente a compensare le potenziali perdite.

Gli effetti positivi dello smart working

Lo smart working offre numerosi vantaggi, sia dal punto di vista ambientale che dal punto di vista del benessere psicologico dei lavoratori. 

Lavorare due giorni a settimana da remoto consente di evitare di produrre ben 480 kg di Co2 l’anno a persona, grazie alla diminuzione degli spostamenti casa-ufficio. Meno inquinamento e meno consumi, se pensiamo che in queso modo aziende e uffici potrebbero rimanere chiusi per alcuni giorni a settimana e questo consentirebbe di tenere spento riscaldamento e aria condizionata.

Dal punto di vista psicologico, lo smart working aiuta le persone a ritrovare un corretto equilibrio tra lavoro e vita privata, risparmiando il tempo necessario per andare e tornare dal posto di lavoro ogni giorno. Infatti, secondo un’indagine condotta dall’Associazione dei direttori del personale, una giornata in smart working fa risparmiare circa 74 minuti di tempo che altrimenti verrebbe speso per il tragitto dai pendolari.

Cercare di eliminare lo smart working è controproducente ma, nonostante questo, l’Italia sembra aver fatto parecchi passi indietro. Non resta che attendere e scoprire se in futuro le politiche di welfare aziendale cominceranno a premiare nuovamente questa modalità di lavoro più agile o se lo smart working è destinato a rimanere relegato al periodo pandemico.

Alessia Barra

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