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Se la Scuola esce dalle aule ed entra nei beni confiscati

Era partito come un esperimento in una sola Regione e poi per volere del presidente della Commissione parlamentare antimafia, Nicola Morra e del ministro della pubblica istruzione, Lucia Azzolina, l’iniziativa ha coinvolto oltre la Calabria anche la Sicilia, la Puglia e la Campania. In provincia di Caserta, studenti delle Superiori e delle Medie hanno sperimentato un nuovo modo di fare scuola. Niente banchi e nessuna interrogazione, solo contatto con realtà a lavoro per il riscatto sociale ed economico del territorio. A Casal di Principe ospiti del Comitato don Peppe Diana sono stati tra gli altri gli studenti del Liceo Luigi Garofano di Capua, accompagnati dalla docente di lettere, Anna Cittadini. Di seguito la testimonianza diretta di un liceale che dà il senso pieno di quanto sia giusto perseguire la linea tracciata.

di Riccardo Belgiorno*

Verso la fine del mese di luglio, in quest’anno così turbolento e pieno di incertezze, vengo contattato dalla mia docente di Italiano che mi propone di aderire, insieme ai miei compagni della 2AB (Biomedico) del Liceo “Luigi Garofano” di Capua, ad un campo estivo in un bene confiscato alla criminalità organizzata. Come si legge in un documento del Ministero dell’Istruzione, “Il progetto, promosso dal Ministero dell’Istruzione in collaborazione con la Commissione Parlamentare Antimafia, prevede la partecipazione gratuita di studentesse, studenti e docenti accompagnatori alle attività di legalità, rispetto e buone pratiche che si svolgeranno presso le Cooperative sociali anche alla presenza di testimoni della lotta alla mafia”, “in Campania, Puglia, Calabria e Sicilia”.

Io e i miei compagni Mattia Benetozzi, Giusy Caimano, Concetta Cavaliere, Domenico Di Nardo, Fabrizio Lombardi, Martina Minutillo e con Marianna Di Nardo (della IIAS) accettiamo subito di partecipare al progetto e di rappresentare il nostro Istituto. La mattina del 27 luglio ci ritroviamo tutti a Casa don Diana accolti da Tina Cioffo, socia fondatrice del Comitato don Peppe Diana e Marialaura Di Biase, direttrice di Casa don Diana. Iniziamo subito con un gioco grazie al quale torniamo indietro nel tempo fino agli anni ‘80. Veniamo bendati e ci viene proibito di parlare: in queste condizioni, dobbiamo fidarci completamente di chi ci guida e veniamo condotti all’interno di Casa don Diana. Alla fine dell’esperienza, sbendati e “tornati” nel 2020, ci accorgiamo di essere sul tetto dell’edificio, dove possiamo vedere tutto da una prospettiva diversa, più grande. Tutto il gioco è una metafora per farci capire la situazione di omertà in cui si viveva negli anni ‘80 e ’90, a Casal di Principe dove solo poche persone “sbendate” si impegnavano a guidare il resto della popolazione. Come diceva don Diana, “bisogna risalire sui tetti per annunciare parole di vita”; è quello che facciamo nei successivi cinque giorni vivendo un’esperienza incredibile. Incontriamo persone che si prodigano già da tempo nella lotta contro la camorra come Augusto Di Meo, testimone dell’omicidio di don Diana, che scelse di testimoniare per amore della giustizia; Luigi Ferrucci, presidente nazionale della Federazione Antiracket Italiana; Marisa Diana, sorella di don Peppe, che ci ha dato una testimonianza vivida dell’impegno quotidiano di suo fratello; Renato Natale, medico e dal 2014 sindaco di Casal di Principe che si impegna da più di quarant’anni a soccorrere gli immigrati che arrivano sulle nostre coste, fornendo loro, gratuitamente, delle cure mediche. Il sindaco Renato Natale ci ha dato una lezione di coraggio con le sue battaglie contro la camorra e per l’affermazione della legalità a Casal di Principe.

Accanto a questi “giganti” della lotta contro la criminalità organizzata, conosciamo anche alcuni giovani volontari, come Eliana, Alessio, Guido e tanti altri, che ci fanno compagnia e ci parlano del loro impegno nelle diverse associazioni che fanno parte del Comitato don Peppe Diana. Visitiamo diverse realtà della rete del Comitato don Peppe Diana, che prova a dare un nuovo volto al nostro territorio tristemente famoso come “Terra dei fuochi”. A Casa don Diana, bene confiscato e riutilizzato socialmente contribuiamo all’allestimento di una biblioteca-mediateca mentre nel bene confiscato ed intitolato ad Alberto Varone, gestito dalla cooperativa sociale “Al di là dei sogni” a Maiano di Sessa Aurunca, aiutiamo per qualche ora i contadini e gli operai nelle varie attività di preparazione di prodotti biologici. Mangiamo a Casal di Principe, al ristorante sociale NCO “Nuova Cucina Organizzata” (l’acronimo “Nuova Camorra Organizzata”, che annunciava morte e violenza, è stato rivoltato e cambiato in buono), in una ex villa della camorra. Pernottiamo invece al Santuario della Madonna di Briano a Villa di Briano, accolti dal rettore don Paolo dell’Aversana, coautore insieme a don Peppe Diana del celebre documento Per amore del mio popolo non tacerò.

Non mancano però i momenti di svago, fondamentali in un’esperienza così intensa e formativa: dalla visita al Museo Campano a Capua al concerto dell’Orchestra del Teatro San Carlo di Napoli, che ha eseguito la Nona sinfonia di Beethoven, presso il Real Sito di Carditello a San Tammaro; da una serata di musica africana ad un introspettivo laboratorio di teatro, fino ad un carosello di canzoni degli Anni Ottanta e Novanta cantate dal vivo, l’ultimo sera del soggiorno estivo, nel cortile del ristorante NCO.

E così, in un nonnulla, ci ritroviamo al Santuario il primo giorno di agosto per salutarci. La direttrice Di Biase ci fa un ultimo dono: due libri (Fine pena mai, di Tina Cioffo, Francesco Diana e Alessandra Tommasino, e Frammenti di memoria – venticinque anni di cammino nel segno di don Diana, a cura del Comitato don Peppe Diana). Arrivano i nostri genitori. Zaini in spalla, valigie alla mano, salutiamo e ripartiamo così come siamo arrivati. Ma con qualcosa di più rispetto: abbiamo la consapevolezza che non è vero che non c’è niente da fare, che il nostro territorio è senza speranze. Torniamo a casa avendo conosciuto tante persone che ogni giorno “ci mettono la faccia” per cambiare le cose, che ci hanno insegnato che insieme, seriamente, possiamo costruire un mondo migliore. È vero: è difficile e rischioso. A volte si deve rivoluzionare la propria esistenza, come è accaduto a Augusto Di Meo, mentre altre volte si perde la vita, come don Giuseppe Diana. Ma alla fine, come testimonia il sindaco di Casal di Principe, Renato Natale, quando si guarda indietro nonostante tutti gli sbagli e gli inciampi, si percepisce quell’orgoglio che può derivare solo dalla consapevolezza di aver fatto, al meglio delle proprie possibilità, la cosa giusta.

*studente del Liceo Garofano di Capua, IIAB

 

 

redazione

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