La scuola italiana è la più vecchia del mondo se si considera l’età dei docenti. Ecco i dati allarmanti sul gap generazionale
Il 40% dei professori nelle aule delle scuole italiane ha più di 60 anni e nello stesso tempo il mondo dell’istruzione è tra i più precari. Infatti, un insegnante su quattro ha un contratto a termine.
Insomma, il quadro descritto da Marcello Pacifico, presidente di ANIEF, ovvero del sindacato, in un’intervista ad Adkronos è tutto’altro che favorevole e lui stesso si è lasciato andare ad un commento amaro:
“Non è così che si garantisce la continuità didattica, non è così che si offre un buon servizio al Paese”.
Non possiamo certo dargli torto. Infatti questi dati non solo sono allarmanti a livello di precarietà lavorativa ma il gap generazionale tra docenti e alunni potrebbe compromettere o rendere ancora più difficoltosa la preparazione scolastica degli studenti.
I rischi del gap generazionale
Il gap generazionale tra docenti e alunni è rischioso da sotto diversi punti di vista.
Non parliamo solo di mentalità diverse ma di un distanziamento psicologico spesso inevitabile che si frappone tra chi cerca di infondere conoscenza e chi dovrebbe fruirne.
La mancata dimestichezza con la tecnologia dei docenti più anziani, spesso, è un ostacolo difficile da superare ma anche i metodi poco aggiornati di insegnamento possono nuocere all’apprendimento.
Molti docenti di una certa età, infatti, continuano a rimanere aggrappati a metodi ormai sorpassati, che poco si prestano per come le giovani generazioni sono disposte ad apprendere.
Quando si accusano i giovani di non voler imparare o di non prestare attenzione in classe, bisognerebbe anche chiedersi cosa viene proposto loro: non è un segreto che a causa dell’utilizzo di dispositivi elettronici la soglia dell’attenzione sia peggiorata nei giovani, ma è anche compito dei docenti ovviare al problema rielaborando la lezione in un modo più fruibile e appetibile per chi è nato in un’era digitale.
Cosa fare per risolvere il problema?
Per riuscire ad ovviare al problema del mancato ricambio generazionale nel mondo scolastico, ANIEF ha proposto un doppio canale di reclutamento, ovvero: stabilizzare i precari storici che da anni garantiscono continuità didattica, e dall’altra parte favorire l’accesso a nuovi docenti che vogliono fare esperienza sul campo senza mettere troppi ostacoli sul loro cammino.
Inoltre, anche l’Intelligenza Artificiale potrebbe arrivare in soccorso delle scuole italiane oppure potrebbe essere un ulteriore peso pronto a fare precipitare sempre di più la situazione.
Ecco le parole di Pacifico a riguardo:
“L’IA può essere un’opportunità, ma anche un rischio. Serve un ruolo da protagonista da parte del mondo sindacale e dei lavoratori per costruire un percorso condiviso che metta la tecnologia al servizio dell’apprendimento e contrasti la dispersione scolastica”.
L’IA è sempre un arma a doppio taglio: bisogna imparare a conoscerla, apprezzarla e a farne tesoro affinché sia una risorsa, ma sorge spontaneo chiedersi come potrebbe reagire un corpo docenti over 60 all’improvvisa entrata in scena di uno strumento così sofisticato e distante dalle loro conoscenze e abitudini.
Da questo punto di vista però alcuni istituti italiani si stanno adoperando per renderla una materia scolastica, in modo tale che sia docenti che studenti siano spinti a conoscere meglio l’IA. Che sia un primo passo per implementarla anche a livello scolastico per rendere le lezioni più coinvolgenti e alla portata delle nuove giovani menti? Lo scopriremo.