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Categories: Cronaca

Salvatore Nuvoletta, vittima innocente voleva essere solo un carabiniere

Nel ricordo di Salvatore Nuvoletta, speranza per altre vittime innocenti senza giustizia. I familiari seppero dei responsabili solo 15 anni dopo.

di Tina Cioffo

Era il 7 luglio del 1982, quando Salvatore Nuvoletta fu ucciso dalla camorra del clan dei Casalesi. I responsabili dell’omicidio furono individuati dopo quasi 15 anni. La famiglia, per oltre due decenni, non seppe chi lo avesse ammazzato e soprattutto perché. Ritardi nella sicurezza e ritardi nella giustizia che per Nuvoletta, vennero superati ma per altre vittime innocenti ancora continuano. Altre vite spezzate senza colpa non trovano ancora pace e con loro pure i loro familiari, sospesi nelle richieste di aiuto che nessuno ascolta più. Una ferita aperta e sanguinante, con un dolore che si acuisce e di cui prima o poi si dovrà dar conto.

I camorristi uccisero Salvatore Nuvoletta, perché dovevano vendicare la morte di Mario Schiavone, conosciuto come “Menelik”, rimasto ucciso in un conflitto a fuoco tra carabinieri e criminali, dodici giorni prima. Francesco Schiavone alias Sandokan, si sentiva il capo indiscusso di Casal di Principe e dall’alto del suo potere di morte che lui si era dato e gli altri gli avevano concesso, decise che il responsabile della morte del cugino prediletto dovesse morire. Ai carabinieri di Casal di Principe, mandò un’imbasciata senza errori di interpretazione: gli dovevano dire il nome del responsabile altrimenti avrebbe fatto saltare la caserma. Sarebbero morti tutti. Il maresciallo a capo della stazione, venne schiaffeggiato in pubblico come ulteriore segnale. La minaccia era seria. Quell’affronto fu visto da Salvatore Nuvoletta, giovane carabiniere pieno di speranze, animato da spiriti di giustizia. Era cresciuto di pane onesto e non riusciva a capire perché il maresciallo si fosse fatto schiaffeggiare così impunemente da un barbaro camorrista che si credeva un dio ma che poi è finito come uno schiavo della sua stessa ingordigia, chiuso in carcere. Come sarebbe andata a finire, Salvatore però non lo sapeva. Non immaginava che il maresciallo per liberarsi della minaccia degli Schiavone avrebbe indicato quale responsabile dell’uccisione di ‘Menelik’ proprio lui, il giovane carabiniere di Marano di Napoli che in quel giorno neppure era in servizio. ‘Sandokan’ ottenne il nome e la spedizione di morte partì con l’accordo di altri camorristi, quelli del clan Nuvoletta che avevano il controllo su quel paese del napoletano.

Salvatore Nuvoletta, era seduto su una sedia di legno nei pressi del negozio di frutta e verdura dei genitori, in via Santa Maria a Cubito, a Marano. In braccio aveva un bambino, Bruno D’Aria, stavano giocando. Salvatore capì che era arrivato il commando di morte, quando vide tre persone ed ebbe la lucidità di spingere lontano da sé Bruno. Il giovane carabiniere che aveva indossato la divisa per onorarla e perché aveva scelto di stare dalla parte dei giusti, senza compromessi, morì sul colpo. Senza colpa, senza un motivo, senza che nessuno in quel momento potesse far qualcosa.

Salvatore Nuvoletta, ha poi ricevuto la Medaglia al Valore e Merito Civile conferitagli dal presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi. All’ingresso della caserma dei carabinieri di Casal di Principe, c’è ora un quadro e dei disegni che ne fanno memoria. In memoria di Salvatore Nuvoletta, sono state scritte pagine di libri, organizzati memorial ed iniziative. I familiari hanno costituito anche una cooperativa sociale su un bene confiscato alla camorra, in suo nome. Il ricordo del giovane carabiniere non si può cancellare oramai, la camorra ed i camorristi di quella stagione hanno invece perso il diritto alla buona memoria e per loro solo disonore.

redazione

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