Categories: Cronaca

Riutilizzo della Balzana, rischio infiltrazione nell’elenco degli assegnatari

Per avviare la riqualificazione della Balzana, Agrorinasce ha affidato dei fondi agricoli ma nell’elenco degli assegnatari c’è rischio di infiltrazione. Dietro alcuni di loro si potrebbero nascondere faccendieri.

Quindici milioni di euro, è più o meno la cifra a disposizione per riqualificare il centro agricolo de ‘La Balzana’, di oltre 200 ettari a Santa Maria La Fossa. Il progetto, finanziato con fondi per lo sviluppo e la coesione dal Ministero per il SUD, è rendere produttiva l’intera superficie trasformandola, secondo quanto studiato e promosso dalla società consortile Agrorinasce amministrata da Giovanni Allucci, in un “Parco agroalimentare di prodotti tipici della Campania”. La Balzana è il complesso agricolo più grande della Campania ed è stato confiscato nell’ambito del processo Spartacus 1 a Francesco Schiavone (Sandokan) e Walter Schiavone, Francesco Bidognetti del clan camorristico dei Casalesi. L’obiettivo primario è mettere fine a tanti anni di degrado ambientale ed istituzionale. Trattandosi poi, di un’ opera di grosse proporzioni è chiaramente fondamentale, evitare che gli interessi criminali possano rientrare sotto altra forma. Un rischio sempre in agguato quando si parla di beni confiscati alla camorra specie se dati in affitto. Per poter procedere alla riqualificazione, Agrorinasce (costituita dai comuni di Santa Maria La Fossa, San Cipriano D’Aversa, Villa Literno, Casapesenna, San Marcellino) aveva aperto una manifestazione di interesse per affidare i fondi agricoli de La Balzana con un canone annuo -così è scritto sul sito della società consortile- di 400 euro annui. Il 5 maggio è stato pubblicato l’elenco delle imprese agricole ammesse al sorteggio per l’affidamento dei terreni.

In elenco gruppi familiari

Scorrendo l’elenco ci si accorge che alcuni assegnatari fanno parte dello stesso nucleo familiare e che c’è il forte rischio di un’infiltrazione criminale sotto mentite spoglie. In elenco c’è il figlio, la moglie convivente ed il cognato di un imprenditore di San Cipriano D’Aversa che fu arrestato per truffe proprio nel settore agricolo Aima, meglio conosciute come truffe dello ‘scamazzo’. Attraverso la gestione delle cooperative agricole e dei centri di raccolta si inviava la frutta in eccedenza al macero e la Comunità Europea dava in cambio un ‘indennità al contadino. A stabilire chi, dove e quanto potesse conferire erano in genere uomini del clan dei Casalesi. Si trattava in effetti, di gestire contributi Comunitari per quantità di prodotto spesso fasulle. Tornando alla Balzana, pur ammettendo che il passato è alle spalle e che non è detto che le premesse debbano necessariamente annunciare qualcosa di illegale, è chiaro che i campanelli d’allarme sono tanti e non solo per la vecchia storia dell’Aima. Da interrogare ci sarebbero pure gli investimenti petroliferi che l’imprenditore sanciprianese ha nel salernitano acquistando carichi dall’ Albania, con una disponibilità economica altissima.

Tina Cioffo

redazione

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