di Antonio Pisani- Reggia di Caserta, dalla manutenzione al personale, sono le tante questioni ancora irrisolte e che il nuovo manager dovrà affrontare.
E’ un’eredità “pesante” quella lasciata alla Reggia di Caserta da Mauro Felicori, l’ex direttore andato in pensione ad ottobre per sopraggiunti limiti di età. Chi lo sostituirà – tre i nomi in lizza, ma il favorito sembra Francesco Palumbo rispetto a Mario Epifani e Tiziana Maffei – dovrà prima di tutto confrontarsi con un numero di visitatori più che raddoppiato durante la gestione del manager bolognese, ma soprattutto con le innumerevoli questioni lasciate in sospeso da Felicori, dalla manutenzione, vero punto debole della gestione Reggia più volte evidenziato dallo stesso direttore emiliano, all’organizzazione del personale, su cui Felicori non ha mai messo mano, preferendo creare attorno a sé un cerchio magico, un po’ come il suo grande sponsor politico Renzi, e aumentando di conseguenza tra i dipendenti la sfiducia e la rassegnazione, e ovviamente la conflittualità con i sindacati.
Abile ad usare parte della stampa e incisivo con il suo marketing martellante – ha tra le altre cose prestato il marchio Reggia per la produzione di vini, liquori, borse – circostanze che hanno posto la Reggia al centro della cronaca nazionale accendendo la curiosità di tanti turisti che mai erano venuti a visitare la Reggia borbonica patrimonio dell’Unesco, Felicori non ha saputo dar seguito al suo enorme potere, quello di direttore di un museo autonomo che trattiene nelle sue casse gli introiti milionari che arrivano dalla vendita di biglietti. Non è stato in grado di spendere i soldi che incassa; nel 2017, pochi mesi dopo il suo insediamento, ventilò l’idea di affidarsi a professionisti esterni che capissero di bilancio e procedure di gara pubbliche, ma non se ne fece nulla. Qualche gara l’ha fatta partire poco prima di andare in pensione, ma è poca cosa, mentre i sindacati segnalano ancora oggi il continuo ricorso ad affidamenti diretti e somme urgenze, circostanze che hanno portato già ad un processo in cui è imputata l’ex sovrintendente David. E’ sempre la logica dell’emergenza dunque, mentre la Reggia avrebbe bisogno di ordinarietà. I tanti turisti venuti per la prima volta alla Reggia attirati dal “fenomeno” Felicori, dopo aver visto lo stato in cui sono le stanze o i giardini, probabilmente non verranno più.
Mentre la Reggia di Capodimonte e l’area archeologica di Paestum, siti affidati a direttore scelti come Felicori, rifioriscono offrendo un’immagine di reale ripartenza ed efficienza, accade che ad oggi la Reggia sia invece abbandonata a sé stessa, e i problemi sono in parte i medesimi del periodo pre-Felicori. Sembra una Ferrari di cui si vede solo la fiammante carrozzeria, ma che non ha nulla al suo interno. Sono ancora interdette ai visitatori nel percorso di visita degli Appartamenti Storici le sei stanze, tra cui quelle delle Dame, dove si verificò il crollo nel dicembre 2017; è passato un anno e mezzo, e il fascicolo è ancora sul tavolo della Procura di Santa Maria Capua Vetere, che non ha ancora chiuso le indagini. Nel Parco non funzionano i bagni, andrebbero peraltro sostituiti, visto che ci sono ancora le turche, i lecci continuano a crescere, spesso cadono a causa del vento con situazione di pericolo per i turisti, portando alla chiusura provvisoria di aree del Parco, come è accaduto per il Giardino Inglese, mentre le alghe invadono le vasche. Ovviamente le statue che si vedono lungo il percorso fino alla fontana di Diana e Atteone restano sempre mutilate e sporche.
Nel frattempo è partita un’altra indagine della Procura sugli eventi organizzati alla Reggia, su cui i sindacati hanno sempre lanciato critiche, parlando di regole non rispettate, di lavoratori interni non coinvolti, di “anarchia” durante gli allestimenti. Ma durante la gestione Felicori i sindacati avevano poco spazio sulla stampa. Si ricorda il matrimonio privato autorizzato da Felicori, quando i sindacati segnalavano la presenza di un solo custode per 200 operai all’opera – famosa la foto del fioraio sul leone in cima allo scalone – o il ricorso a guardie giurate esterne mentre i dipendenti venivano snobbati. E’ poi emersa la circostanza delle ferie e dei riposi non pagati, che hanno prodotto una quindicina di cause giudiziarie da parte dei lavoratori che hanno richiesto i soldi, come è loro diritto, con un potenziale danno erariale per il Ministero dei Beni Culturali di oltre 300mila euro.
L’attuale direttore ad interim della Reggia Antonio Lampis, massimo dirigente di tutti i musei italiani, nei suoi sopralluoghi al monumento casertano, è rimasto basito, sempre colpito negativamente dallo stato dell’arte; ma la prima critica l’ha riservata alla trasparenza, che dal sito della Reggia non traspare in alcun modo. Lampis avrebbe richiamato i funzionari intimando loro di garantire la massima trasparenza sul sito, come ha sempre sostenuto per tutti gli enti pubblici anche il presidente dell’Anac Raffaele Cantone. Lampis, e poi il nuovo direttore, dovranno inoltre mettere mano all’organizzazione del personale, riconoscendo meriti e competenze, cose che negli anni sono state sempre svilite; dovranno dunque rompere con il passato, ricorrendo, come chiesto dai sindacati e dall’Anac, anche alla rotazione dei funzionari, cosa che garantisce la trasparenza.
Lampis in effetti ci sta provando, e ha già abbozzato un organigramma che recepisce parte delle richieste delle sigle dei lavoratori, dando ai dirigenti gli incarichi per cui sono formati, cosa che sembra normale ma non lo è. In tempi recenti sono arrivati due nuovi architetti – Barbara Del Prete e Letteria Spuria – con il ruolo di funzionari, ma non hanno ancora ricevuto in delega funzioni importanti; un’altra Valeria Di Fratta, che dovrebbe occuparsi di marketing, è invece è parcheggiata in qualche ufficio. Ci sono dipendenti che hanno ruoli direttivi che non potrebbero avere, mentre i loro funzionari si nascondono o, come si dice, “tirano a campare”; altri dipendenti che hanno fratelli che curano la manutenzione di importanti impianti. Ci sono poi quelle ditte che lavorano sempre, spesso in virtù di affidamenti diretti. Si dovrà ricostruire il rapporto con i sindacati, che dal 2017 non firmano il documento di valutazione dei rischi, la base del piano di sicurezza spesso non rispettato, come è avvenuto sovente durante le prime domeniche del mese, quando l’ingresso gratuito nel Museo ha portato all’invasione di migliaia di turisti in fila nei corridoi delle stanze reali, con danni a pareti e beni conservati. Un lavoro dal basso per il nuovo direttore, che dovrà far remare tutti, dai funzionari ai dipendenti, nella stessa direzione
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