Siamo abituati a pensare all’Erasmus in università estere, ma gli studenti stranieri vengono in Italia a studiare? Scopriamolo insieme
Gli studenti universitari del nostro Paese non vedono l’ora di fare le valigie e partire per un’esperienza di studio in università straniere. La meta più quotata rimane la Spagna, ma non disdegnano anche esperienze oltreoceano. Ma l’Italia gode dello stesso appeal? O gli studenti stranieri prediligono altre mete?
Uno studente sceglie di partire e fare un’esperienza di Erasmus principalmente per tre motivi:
Ovviamente le motivazioni possono essere le più disparate o potrebbero essercene più di una. In ogni caso, elencarle ci aiuta a ragionare sul perché uno studente straniero dovrebbe o meno scegliere l’Italia per un viaggio studio.
Stando ai dati rilasciati da Ocse Education at Glance, solo il 3,4% degli studenti nelle nostre università è internazionale. Siamo a tutti gli effetti il terzultimo Paese europeo scelto per questo tipo di esperienza, infatti dopo di noi si trova la Grecia con il 2,8% e la Croazia con il 2,7%.
Nonostante dal 2019 al 2021 la percentuale italiana sia aumentata, i dati restano allarmanti. A sceglierci sono soprattutto studenti asiatici (35,3%), europei (29,7%), africani (14%) e dell’America Latina (8,4%).
Come abbiamo detto, le prospettive future sono importanti per alcuni studenti che scelgono di vivere l’esperienza dell’Erasmus e per molti di loro l’Italia ha poco da offrire da questo punto di vista. Soprattutto se pensiamo all’esodo di massa dei neolaureati che fuggono dall’Italia e dai suoi bassi salari per trovare lavoro all’estero.
Anche la lingua non è un motivo valido per scegliere l’Italia. Per quanto la nostra lingua sia culturalmente importante, non è particolarmente diffusa nel meno, e quindi non può considerarsi all’altezza dell’inglese o ad esempio del cinese, che sta invece crescendo a livello di importanza.
Un altro motivo che spinge molti studenti a non considerare l’ Italia per i propri viaggi studio è il fatto che le tipologie di lauree richiese all’estero non corrispondono a quelle rilasciate in Italia. Tuttavia è interessante notare come tra il 2011 e il 2020 le università americane abbiano assunto quasi tremila professori che avevano conseguito un dottorato di ricerca in Italia.
Infine, un ulteriore ostacolo sarebbe la mancata internazionalizzazione delle nostre Università. Infatti, sono pochi gli Atenei che offrono programmi didattici completamente in inglese. La barriera della lingua infatti può essere una problematica invalicabile per chi non ha mai studiato italiano.
Aumentare i corsi di laurea in lingua inglese è un passo importante, ma non è l’unico cambiamento da implementare. Occorre rivoluzionare le basi dei nostri Atenei, finalizzarli maggiormente al mondo del lavoro, promuovere più esperienze sul campo e concentrarsi principalmente sulle materie STEM, ovvero le materie che riscuotono maggior interesse a livello universitario nel mondo, soprattutto grazie agli sbocchi professionali che garantiscono.
Può sembrare paradossale che pochi studenti stranieri vengano a studiare in Italia e che 120mila studenti italiani ogni anno riescano a trovare senza difficoltà lavoro all’estero.
Questo però è un dato che ci infonde speranza: significa che la preparazione nei nostri atenei rimane valida, ma poco appetibile per gli stranieri a causa della mancata internazionalizzazione dei corsi e, probabilmente, di una mancata pubblicizzazione: mentre le università straniere si dimostrano aperte e spingono si mettono in mostra nei confronti di studenti stranieri, in Italia “ci vendiamo” meno bene, soprattutto agli occhi di chi ci guarda dall’altra parte del mondo.
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