La Dia di Genova ha arrestato in Liguria e in Campania i due amministratori della Tecnodem srl di Napoli, impresa impegnata nella demolizione del ponte Morandi, crollato il 14 agosto 2018 seppellendo 43 persone. Per l’oro l’accusa è di collusione con la camorra.
Arresti ponte Morandi: gli arrestati
A finire in manette sono stati l’amministratore di fatto Ferdinando Varlese, pregiudicato di 65 anni di Napoli ritenuto dagl investigatori “contiguo ad elementi inseriti in organizzazioni camorriste” e Consiglia Marigliano, amministratore e socio unico dell’azienda e consuocera di Varlese ritenuta ‘prestanome’. I due sono rappresentanti di Tecnodem che aveva lavori in subappalto per 100 mila euro nell’ambito delle opere di demolizione del ponte.
Genova e infiltrazioni camorristiche
“Le cifre che gravitano intorno al cantiere del ponte Morandi sono molte alte fanno gola a tanti, ma essendo un cantiere anche molto ‘pubblicizzato’ anche i controlli sono molto alti. Nonostante tutto non mancano i tentativi di infiltrazioni mafiose”. Sono le parole di Mario Mettifogo, dirigente della Dia che ha coordinato l’operazione che ha portato in manette i due esponenti di Tecnodem. La società già a maggio scorso aveva ricevuto un’interdittiva antimafia, a distanza di un mese il gip Paola Faggioni ha firmato due ordinanza di cusotdia cautelare: una in carcere per Varlese, l’altra ai domiciliari per Marigliano. Secondo la Procura Varlese si sarebbe servito della consuocera come prestanome, per mascherare i presunti legami con la criminalità organizzata. Secondo gli inquirenti questa procedura era stata messa in campo per far affidare alla Tecnodem lavori di demolizione in subappalto dalla Omini, capofila dell’associazione temporanea di imprese che si occupa della demolizione.