“Una volta avevi paura della camorra, oggi invece hai paura di passare un guaio giudiziario”. Eccola qui, la frase più pronunciata del momento da esponenti politici o da quanti intendono avvicinarsi alla gestione della cosa pubblica. Decine e decine di inchieste, arresti, perquisizioni che di volta in volta alimentano la convinzione che forse è meglio non mettersi in gioco, “perché anche se sei perbene, il rischio c’è sempre”. Un comune sentire che rischia di allontanare dai ruoli decisionali le persone oneste e sul quale si è espresso, in un incontro su “Legalità e democrazia”, organizzato a Vitulazio, il procuratore aggiunto della Dda di Napoli, Giuseppe Borrelli.
“ Le informazioni di garanzia non riguardano solo la politica, ma pure i magistrati, in realtà in questo Paese chiunque svolge un ruolo pubblico è soggetto al rispetto della legge e all’accusa di averla violata, ma ovviamente ciò non deve essere motivo di disimpegno dal fare il proprio dovere, o dal seguire i propri interessi e le proprie passioni”, ha commentato Borrelli. Sotto accusa è il sistema informativo ed una sua speculazione che “ha trasformato un principio sacrosanto che è quello dell’obbligatorietà dell’azione penale in un vulnus della democrazia”.
Il racconto dell’indagine “mediatica” su un uomo politico
Per rimarcare il ruolo della distorsione del sistema informativo, Borrelli ha voluto raccontare un caso concreto. “Qualche tempo fa facemmo un’indagine ed un collega venne da me e mi disse che avremmo dovuto fare una perquisizione ad un uomo politico, – ha ricordato Borrelli – c’erano gli elementi per poter fare una perquisizione che è un atto d’indagine e così stabilimmo di procedere e di trarre poi velocemente le nostre conclusioni. Facemmo la perquisizione, ma questa ebbe una risonanza nazionale, dimissioni, – ha continuato Borrelli – poco dopo intervistato da un organo d’informazione nazionale dovetti sottolineare che stavamo sviluppando doverosamente delle attività investigative, ma che le indagini si fanno non solo per dimostrare che uno è colpevole, ma anche per dimostrare che uno è innocente, la conclusione delle indagini non è una conclusione necessitata”.
“Non ci fu niente da fare!”
“Eppure non ci fu niente da fare, il meccanismo speculativo che si scatenò dopo questo atto investigativo non fu dominabile nemmeno da parte della stessa Procura della repubblica di Napoli che poté unicamente chiudere le indagini con una richiesta di archiviazione nel giro di 60 giorni”, ha affermato il procuratore. Borrelli ha spiegato come l’approccio dinanzi ad un’informazione di garanzia debba essere diverso. “Un’informazione di garanzia è una cosa che può capitare, è un accertamento che se tu sei innocente dovrebbe farti stare sereno – ha detto il procuratore – quando hanno fatto indagini nei miei confronti non ho mai avuto problemi di veglie notturne, perché ero ragionevolmente sicuro che sarei stato archiviato perché non avevo fatto niente di male e se l’informazione di garanzia viene usata per chiedere dimissioni o fare interrogazioni parlamentari, è allora che la politica dovrebbe essere capace di resistere alla strumentalizzazione delle inchieste giudiziarie”.
Giustizialismo si o no?
“Mi sottraggo al dibattito sul giustizialismo o non, onestamente non vedo la vita incardinata in un’aula di tribunale, anzi ritengo che tutta questa moralizzazione penale della vita non faccia bene neanche alla stessa attività della magistratura”.