Quando si parla di pensione, bisogna sempre tener conto della variabile del fisco: percepire tutto l’importo lordo è impossibile.
In ogni tipo di somma, nel momento in cui intervengono tasse, imposte, trattenute previdenziali e fiscali varie, bisogna considerare la differenza fra lordo e netto. E anche se si tratta di percepire la pensione, è doveroso non confondere i due riferimenti. La pensione lorda, per esempio, viene di norma presentata come l’importo percepibile da chi ha smesso di lavorare. Tale somma è calcolata in base ai contributi versati durante la vita lavorativa.
Si tratta di una cifra puramente teorica, purtroppo, nel senso che i soldi che vengono espressi come somma contenuta nell’assegno non possono mai corrispondere a quanto il pensionato si trova poi a scoprire nel cedolino o in tasca ogni mese. I soldi veri sono relativi alla pensione netta, che è l’importo che effettivamente può percepire il pensionato e che può poi utilizzare per le proprie necessità o secondo le proprie specifiche esigenze.
L’importo netto si calcola sottraendo le varie tasse (cioè l’insieme dell’imposizione fiscale) dall’importo lordo. Si parla di tutti quegli oneri trattenuti ogni mese sul cedolino della pensione. Tasse che non hanno nulla a che fare con tutte le altre imposte che il pensionato, come contribuente, dovrà versare allo Stato o ai Comuni con le dichiarazioni dei redditi e le varie tassazioni aggiuntive (IMU, TASI, TARI e compagnia bella).
Per calcolare la pensione netta a partire dall’importo lordo bisogna considerare vari fattori, tra cui le aliquote IRPEF. E non solo. Bisogna mettere in conto anche le addizionali regionali e comunali, e le possibili detrazioni. Non c’è nulla di troppo definitivo, quindi, dato che tutte queste variabili possono mutare da un anno all’altro.
In pratica, la pensione netta può subire anche forti variazioni in base alle leggi e alle politiche fiscali in atto. Nel 2024, le tasse applicate alla pensione lorda sono relativamente contenute e tutto potrebbe cambiare già l’anno prossimo. Molto, poi, dipende dalle addizionali regionali e comunali, la cui percentuale varia a seconda del luogo di residenza. E contano pure le detrazioni, come quelle per familiari a carico.
C’è un calcolo da fare capire, più o meno, quanto cala una pensione passando dall’importo lordo a quello netto. Per avere un’idea generale, si utilizza di solito una semplice formula. Secondo questa formula la pensione netta è uguale alla differenza fra la pensione lorda e la somma delle tasse (cioè IRPEF più addizionali e meno detrazioni IRPEF).
Le aliquote IRPEF per i pensionati nel 2024 sono state ridotte da quattro a tre. Nella fattispecie su ogni pensione lorda si paga il 23% di IRPEF per i redditi fino a 28.000 euro. L’aliquota sale a 35% per i redditi superiori a 28.000 euro e fino a 50.000 euro. Poi c’è la terza aliquota del 43% per i redditi che superano 50.000 euro.
Queste aliquote sono applicate ai redditi da pensione a partire dal primo marzo 2024. Anche sull’aliquota bisogna però considerare il peso delle detrazioni per le pensioni più basse. In questo modo si possono recuperare fino a 1.900 euro circa all’anno. Più precisamente, le regole attuali prevedono 1.955 euro di detrazione per redditi complessivi entro gli 8.500 euro.
Anche se, in ogni caso, l’importo della detrazione effettivamente spettante non può mai essere inferiore a 713 euro. 700 euro spettano se l’importo del reddito complessivo è superiore a 8.500 euro ma resta entro i 28.000 euro. La detrazione per i pensionati è aumentata quest’anno di una cinquantina di euro. Ciò solo se il reddito complessivo è superiore a 25.000 euro ma resta entro i 29.000 euro.
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