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Paul Watson, l’ambientalista in carcere per aver difeso le balene

Paul Watson è stato arrestato il mese scorso e resterà in detenzione fino al 5 settembre. La Danimarca sta decidendo per l’estradizione in Giappone

Paul Watson, un nome forse sconosciuto a molti, è oggi al centro di una battaglia cruciale. Ha dedicato la sua vita alla protezione degli esseri viventi, rischiando ora la propria libertà.

Il 21 luglio Watson è stato arrestato in Groenlandia, nel porto di Nuuk. Alcuni lo definiscono eco-terrorista, altri eco-ambientalista, eroe o criminale. Al di là delle etichette, è fondamentale conoscere la sua storia per capirne meglio.

Paul Watson: chi è colui che è andato in carcere per difendere le balene?

Paul Watson è nato e cresciuto nel Canada orientale. Fin da bambino ha sviluppato un forte legame con la natura. A soli 10 anni, un’estate trascorsa nuotando con una famiglia di castori lo riempì di gioia. Quando tornò l’anno successivo, scoprì con rabbia che quei castori erano stati uccisi dai cacciatori di pelli. Questo episodio lo spinse ad agire: iniziò a liberare gli animali dalle trappole e a distruggerle, segnando l’inizio della sua vita da attivista.

A 17 anni, il suo impegno si spostò dal territorio al mare, lavorando nella marina mercantile norvegese e svedese, e come guardia costiera in Canada. Poco dopo, divenne direttore e primo responsabile di Greenpeace, ma non si fermò lì. Nel 1977, insoddisfatto della mera protesta, fondò la Sea Shepherd Conservation Society, una delle organizzazioni più importanti al mondo che da quasi 50 anni lotta per proteggere la fauna marina – dalle balene e i delfini, agli squali, le razze e altre specie minacciate dall’uomo.

Paul Watson, l’ambientalista in carcere per aver difeso le balene – ANSA – Ireporters.it

 

La Sea Shepherd opera attraverso una strategia definita da Paul come “aggressione non violenta”, che implica una difesa attiva con l’obiettivo di proteggere le specie marine a rischio. Per questo, i suoi membri si definiscono “eco-pirati”, sorvegliando i mari a bordo delle loro navi.

Il 21 luglio, Paul Watson è stato arrestato dalla polizia danese nel porto di Nuuk, in Groenlandia, mentre riforniva la sua nave. Questo arresto è avvenuto in seguito a un mandato emesso dal Giappone. Ma perché il Giappone ha voluto la cattura di Watson? Le accuse risalgono a un’operazione del 2010, quando un attivista di Sea Shepherd salì a bordo di una nave giapponese per impedire una caccia alle balene. Da allora, Watson è accusato di violazione di proprietà privata, aggressione e ferimento.

A causa di questi eventi di quasi 15 anni fa, Paul Watson è stato inserito nel database dell’Interpol, l’organizzazione internazionale che raccoglie informazioni sulle persone ricercate in tutto il mondo. Chiunque sia inserito in questo database può essere arrestato ovunque si trovi e successivamente estradato nel paese che ha emesso il mandato, in questo caso il Giappone.

Ciò che desta sospetti per Sea Shepherd è il tempismo dell’arresto. Dopo anni di relativa quiete, il Giappone ha riattivato la “Red Notice” dell’Interpol proprio quando Watson stava navigando verso la Kangei Maru, una nuova e imponente baleniera giapponese. Per Sea Shepherd, questo non è un semplice caso, ma piuttosto una mossa strategica per fermare quello che considerano il principale oppositore della caccia alle balene. Oggi, a 73 anni e affetto da diabete, Paul Watson si trova in una delle prigioni più isolate del mondo, in attesa di un possibile processo in Giappone. Il rischio di estradizione è reale, e il suo futuro appare incerto.

Dal 1986 la caccia alle balene a fini commerciali è stata vietata a livello internazionale, un divieto rispettato dalla maggior parte dei paesi. Tuttavia, in alcune parti del mondo, questa pratica persiste, nonostante la sua brutalità e il continuo declino delle popolazioni di balene.

Tra le nazioni che ancora praticano la caccia alle balene ci sono Norvegia, Islanda, Danimarca e Giappone. È proprio in Giappone che la lotta contro questa attività ha trovato un tenace oppositore: Paul Watson, la cui campagna contro la flotta baleniera giapponese è durata oltre un decennio, lasciando un segno significativo.

Per dieci anni, Watson si è impegnato a fermare le operazioni della flotta baleniera giapponese, cercando di convincerli a cessare la caccia a questi giganti del mare. Le tattiche adottate dal suo team erano coraggiose e spesso pericolose. Sea Shepherd si posizionava tra la nave arpionatrice, incaricata di uccidere le balene, e la nave fabbrica, destinata a sollevare e processare i loro corpi. In alcuni casi, riuscivano a impedire alle navi di rifornirsi di carburante, bloccando così le operazioni.

Queste azioni non erano solo simboliche, ma anche estremamente efficaci. Grazie all’intervento di Sea Shepherd, circa il 90% delle balene prese di mira dalla flotta giapponese sono state salvate. Tuttavia, questa resistenza ha avuto un costo significativo per il Giappone, con perdite economiche che superano i 150 milioni di dollari. Questo spiega perché il governo giapponese considera Paul Watson una minaccia di tale portata.

La determinazione di Paul Watson è simboleggiata da un’immagine che ha colpito profondamente l’immaginario collettivo: Watson a dorso di un cucciolo di balena appena arpionato da una nave sovietica, galleggiando in un oceano di sangue, nel tentativo disperato di fermare quella violenza insensata.

Quelle balene venivano uccise per estrarre olio destinato alla fabbricazione di missili balistici intercontinentali, un ciclo di brutalità che Watson ha descritto come “folle”.

A sostegno di Watson e per chiedere alla polizia danese di bloccare la sua estradizione in Giappone, sono state organizzate proteste, mentre associazioni internazionali, esperti come l’etologa Jane Goodall e figure politiche di rilievo, tra cui Emmanuel Macron, hanno preso posizione.

La cosiddetta “Red Notice” dell’Interpol è solitamente riservata a serial killer, trafficanti di droga di alto livello e criminali di guerra; Paul Watson è l’unica persona nella storia ad essere inserita in questa lista per associazione a delinquere. Pensare che oggi quest’uomo sia trattato come un pericoloso assassino è un’ingiustizia profonda. Nessuna specie su questo pianeta dovrebbe essere vittima di violenza gratuita per fini di lucro o interessi economici.

La storia di Watson ci ricorda che schierarsi a favore della vita e della conservazione del nostro Pianeta è un dovere morale per tutti coloro che hanno a cuore la scienza e il futuro della Terra.

Giulia De Sanctis

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