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Nuova strategia della camorra con accordi e collaborazioni ‘facili’

Nuova strategia della camorra con accordi tra i gruppi e collaborazioni ‘facili’. Il quadro tracciato è del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, Giovanni Melillo.

La camorra ha messo da parte le faide e ha deciso di ricompattarsi. Non ha scelto di cedere le armi ma di cambiare strategia, sperando di essere meno apparente e di continuare a fare affari in maniera indisturbata. E’ il quadro fatto in Commissione antimafia dal Procuratore presso il Tribunale di Napoli, Giovanni Melillo. Un cambio di passo che proietta l’organizzazione criminale verso ambiti imprenditoriali. Il business che è sempre interessato ai camorristi non passa più attraverso omicidi ma attraverso accordi e figure di mediazioni con la scarcerazione di figure storiche e non solo nella camorra napoletana ma anche in quella casertana.

La nuova strategia della camorra

La strategia criminale messa in atto ha cambiato la pelle dei clan ma ne conserva l’interesse a fare soldi e a volere potere illegale di sopraffazione e controllo. Nel clan dei Casalesi, la scarcerazione di vecchi capi della camorra lascia pensare ad una ricomposizione delle forze e i gruppi che nel passato si contrapponevano, potrebbero ora aver trovato l’accordo investendo quei soldi che erano stati dati ai prestanome e che ora vengono richiesti. Imprenditori ignoti ai molti ma non a quei camorristi che su di loro hanno investito e che ora ne chiedono conto. Se con il pullulare dei collaboratori di giustizia e dei dichiaranti, si pensava che la camorra avesse alzato bandiera bianca in segno di sconfitta, con la visione del Procuratore Melillo, il quadro cambia in maniera radicale. “C’è una linea di evoluzione di strategia dei gruppi criminali che assume le forme della dissociazione ed è impossibile- secondo Melillo- non leggere in questa concentrazione temporale il segno di una strategia dell’intero vertice dell’organizzazione”. Quindi, alcuni esponenti della camorra avrebbero scelto di collaborare solo perchè condannati a pene definitive. La collaborazione con la giustizia, evidentemente non sincera, gli avrebbe dunque dato una libertà di movimento e di contatti che in carcere sarebbero stati assolutamente vietati. Capita allora, che il collaboratore di giustizia lo trovi su whatsapp o su altri social con nomi diversi ed eludendo i controlli, faccia arrivare sul suo territorio messaggi agli imprenditori amici al solo scopo di averne denaro, per la serie: “non ti ho nominato e non ti nomino solo se mi paghi”. Se poi a questo, si aggiunge la decisione della Corte Costituzionale di concedere permessi premio anche ai condannati per mafia e terrorismo, pur non avendo scelto la via della collaborazione, è chiaro che la percezione della giustizia che trionfa ne esce pesantemente azzoppata. In questo modo si salvano gli affari e si salva pure l’organizzazione.

Poche forze di polizia

E allora la guerra alla camorra non può essere secondaria. “Gli organici delle forze di polizia sono molto ridotti rispetto al passato e con il pensionamento forzato si perdono molte forze, sta scomparendo una generazione di eccezionali investigatori. La squadra mobile di Napoli oggi è formata da 360 unità, pochi anni fa erano 450 unità: questo fa la differenza”. Ha continuato il procuratore Melillo. I magistrati che operano nella Direzione distrettuale antimafia e che svolgono indagini nei confronti di centinaia di persone sono 30: “solo nel 2019 – ha detto il procuratore – le ordinanze di custodia sono state per oltre 600 persone con una discreta qualità degli esiti investigativi”.

Tina Cioffo

redazione

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