“Ho iniziato a collaborare con la giustizia perché i miei peccati non li dovevano pagare i miei figli, i miei nipoti e i figli dei loro figli. Dopo me, mio padre, i miei zii e cugini, era una catena che dove spezzarsi”. Ha parlato così, al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Nicola Schiavone motivando la sua decisione di diventare un collaboratore da luglio 2018, abbandonando la sua storia criminale che lo ha visto coinvolto fin dai primi anni di vita. Nicola Schiavone, arrestato il 15 giugno del 2010, è il figlio di Francesco Schiavone alias Sandokan ex capoclan dei Casalesi, e lui stesso reggente del gruppo camorristico casertano per diversi anni.
“Il clan ha gestito elezioni comunali e lavori pubblici decidendo di volta in volta quale dovesse essere la società aggiudicataria dell’appalto”, ha detto il collaboratore testimoniando al processo, presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che vede alla sbarra Michele Zagaria, Fortunato Zagaria e Luigi Amato, accusati di violenza privata aggravata dal metodo mafioso, ai danni di Giovanni Zara. Per Fortunato Zagaria l’accusa è anche di concorso esterno in associazione mafiosa. “Lo facevamo senza troppi problemi anche perché avevamo alcuni impiegati comunali a nostra disposizione e pronti a passarci notizie utili e ad assegnare gli appalti nel momento in cui venivano aperte le buste”, ha spiegato Nicola Schiavone, interrogato dal pm Maurizio Giordano della Dda di Napoli.
Il sistema illustrato era un ingranaggio perfetto e a prima vista era assai difficile pensare ad un imbroglio. In fondo chi doveva sapere, sapeva e stava zitto. Il sistema consentiva a tutte le persone coinvolte di avere la propria parte: ai politici a disposizione si dava sostegno, agli impiegati si concedevano favori e agli imprenditori amici della camorra si facevano vincere appalti. Il territorio era nelle mani di chi si arricchiva a suo piacimento.
“Casal di Principe era nelle mani della famiglia Schiavone, Casapesenna dopo Vincenzo Zagaria era di Michele Zagaria e San Cipriano era di Giuseppe Caterino e Antonio Iovine. Ognuno di noi sapeva esattamente cosa fare. Dal 2006 al 2010 ho avuto la reggenza unica del clan a Casal di Principe e se prima i miei compiti erano organizzare la distribuzione dei lavori a ditte amiche, poi ho preso ad occuparmi anche di altro. Ad aiutarmi nelle cose pratiche della cassa, che assicurava stipendi ai detenuti, affiliati e famiglie sono stati Nicola Panaro e Giuseppe Misso”, ha dichiarato Schiavone rivelando anche gli attriti fra lui e Michele Zagaria.
“Riconoscevo a Zagaria il potere criminale e sapevo del suo controllo capillare su ogni cosa, perciò quando torno Antonio Salzillo e Zagaria fece spallucce facendoci credere che non ne sapeva niente, ebbi la certezza che il nostro rapporto si era incrinato e con me furono d’accordo anche Antonio Iovine e Nicola Panaro. Michele Zagaria era troppo malavitoso per non sapere di quel ritorno che ci disturbava. Da quel momento in poi decisi di non incontrarlo più e di avere con lui solo rapporti epistolari per assicurare comunque l’andamento del clan. E’ stato da quel momento in poi che abbiamo rischiato la guerra”, ha detto Nicola Schiavone.
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