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Nella zona rossa lombarda, il lockdown del manager campano: “Per la mia azienda, priorità sicurezza”

La testimonianza del manager di Giugliano in Campania che lavora nel cuore della zona rossa lombarda. Dalle misure adottate per la sicurezza dei lavoratori, alla quarantena, il suo racconto percorre i mesi del lockdown in una delle aree più colpite del Paese.

La mia azienda al lavoro nella zona rossa, parola d’ordine: “Sicurezza”

Giuseppe Cante, 42 anni, ingegnere meccanico, si è trasferito da Giugliano in Campania a Pavia dieci anni fa. Lavora a Milano in un’ azienda multinazionale del settore plastico, la Silgan Dispensing System, dove ricopre il ruolo di Operation Excellence Manager & Assembly Process Eng.: in pratica si occupa di ottimizzazione dei processi operativi e manageriali e del coordinamento dei processi di miglioramento continuo in particolare per la parte di assemblaggio. L’azienda, con due sedi in italia, in Lombardia e in Veneto, produce erogatori spray per l’home, health and beauty: dagli erogatori per profumi e deodoranti, agli spruzzatori a pistola (triggers) per prodotti per la pulizia e l’igiene della casa. Insomma è una di quelle realtà che in tempi di Covid 19 non si è mai fermata.

Nel cuore della pandemia, la paura per il paziente uno

Ma com’è stato lavorare nel cuore della zona rossa e nel piano della pandemia? “Il primo contatto con il Coronavirus, l’ho avuto quando si è saputo del primo caso di Codogno – racconta l’ingegnere – il giorno precedente mi ero recato da un fornitore di macchinari nella zona di Lodi dove vado spesso per il follow up dei progetti in corso. Il mattino seguente ricevo una telefonata del nostro general manager che mi informa del fatto che il paziente uno è un tecnico di un’ azienda del nostro stesso settore che abitualmente ha contatti con aziende fornitrici comuni.Nel contempo mi informa che sono giunti ordini dall’alto di sospendere qualsiasi rapporto con aziende provenienti dalla zona. Era venerdì 21 febbraio.Da quel momento – continua – è stata una escalation di misure che hanno limitato progressivamente attività e spostamenti”. Giuseppe non nasconde di aver vissuto alcuni momenti di preoccupazione, ma, superato lo shock iniziale, è stato immediatamente il tempo della reazione ferma e decisa.

Il piano anti Covid -19 per la tutela dei lavoratori

“ In azienda abbiamo subito introdotto contromisure basate su una analisi della situazione, un piano di azione e un sistema di follow up quotidiano”, spiega il manager. In pratica? “Abbiamo istituito un team di emergenza composto dalle key persons dell’organizzazione (inclusi i vertici europei) che si è occupato principalmente di reperire informazioni sulla situazione della curva epidemiologica e azioni governative, i dispositivi sanitari necessari a garantire il lavoro in sicurezza e la evisione dei protocolli interni per la gestione dell’emergenza. Ogni giorno, per 8 settimane abbiamo tenuto 2 call quotidiane, mattino e pomeriggio, di allineamento”.

Kit per tutti: un litro di alcol, 3 mascherine, gel sanificante e guanti monouso

Le azioni messe in campo hanno previsto da subito impiegati in smart working, dotati di pc portatili e connessione Internet laddove non disponibili. “Al management operativo, di cui anche io faccio parte, è stata lasciata la facoltà di accedere agli stabilimenti per necessità improrogabili, attenendosi ovviamente a rigidi protocolli conformi alle direttive sanitarie”, spiega l’ingegnere.

Misure di sicurezza prima dei decreti

Anticipando le disposizioni dei vari decreti che si sono succeduti, la Silgan già dal 24 febbraio ha dotato tutti gli operatori di linea di mascherine FFP02/03 e ha potenziato la distribuzione di sanificanti. Tutti sono stati invitati a recarsi al lavoro già in abiti da lavoro per evitare assembramenti negli spogliatoi (concedendo maggiore flessibilità agli orari di ingresso e uscita) e per le stesse ragioni si è limitato l’accesso alla mensa, mettendo a disposizione anche locali usualmente utilizzati come sale riunioni. Inoltre sono stati tutti sottoposti a formazione sull’utilizzo dei dispositivi tutti i dipendenti e a tutti sono stati distribuiti kit di dispositivi di protezione che nelle prime settimane del lockdown erano divenuti introvabili (1 lt alcol, 3 mascherine, gel sanificante, guanti monouso).

Il rapporto fra lavoratori e vertici aziendali

A tutti i lavoratori è stata data la facoltà di accedere ai congedi eccezionali legati alla pandemia, sono state organizzate riunioni all’ aperto e a reciproca distanza per informare sulla strategia dell’azienda e raccogliere opinioni. “Questo ha mitigato le preoccupazioni dei primi giorni ottenendo il consenso di tutti, anche quando sono emersi alcuni casi di Covid tra i parenti di alcuni dipendenti. Perfino i sindacati – afferma Cante – ci hanno dato merito di questa politica”. Forte attenzione dunque alla sicurezza e premialità per tutti i dipendenti delle linee cui è stato destinato un bonus in busta paga. A dimostrazione dunque che i rischi maggiori non sono di certo stati quelli nelle aziende in cui vale la regola della ‘sicurezza innanzitutto, sicurezza sempre’.

La Lombardia tra cittadini indisciplinati e focolai non arginati. Non si poteva evitare il lockdown totale?

Eppure, se nel contesto lavorativo, è stato adottato un modello eccellente di prevenzione, cosa non ha funzionato all’esterno? “ Devo ammettere – commenta il manager – che mi ha stupito l’ inadeguatezza della gestione lombarda dell’emergenza. Tralasciando responsabilità politiche, che pure ci son state, non è accettabile che la regione locomotiva economica del Paese abbia messo a rischio proprio le sue industrie: se in quest’area si fossero arginati in tempo i focolai, come avvenuto in Veneto, non avremmo avuto bisogno probabilmente di un lockdown totale. Per fortuna aziende strutturate hanno retto l’impatto: non sarà così per molte altre. Mi ha stupito anche l’atteggiamento di molti cittadini lombardi, storicamente ligi ai doveri ma che in molti casi si sono dimostrati indisciplinati e del tutto inconsapevoli del pericolo”.

E della Campania invece? “Mi ha stupito altrettanto vedere le regioni del Sud ed in particolare la mia terra d’origine che, seppur solo lambite dall’epidemia, hanno saputo contenere la diffusione”.

Tapis roulant, allenamenti via web, video meeting con la famiglia

Ma se la vita del manager, durante la pandemia, è stata incentrata sul lavoro, quella di Giuseppe, che vive da solo, e non ha potuto far ritorno dai suoi familiari che vede tre o quattro volte all’anno, com’è stata?

“L’isolamento non mi è pesato più di tanto, sono abituato a vivere da solo. E’ chiaro che, limitati i contatti lavorativi, annullata la vita sociale, lo stress da quarantena dopo le prime settimane si è fatto sentire eccome! La mia passione è viaggiare in moto: ho dovuto limitarmi a lucidarla e utilizzarla per le rare visite in azienda. Amo fare sport: ho acquistato un tapis roulant per correre e ho seguito allenamenti a corpo libero via web. Ho cercato di tenere una dieta sana e addirittura ho eliminato quelle poche sigarette che fumavo ante-pandemia. Ho riscoperto le botteghe di quartiere e gli acquisti collettivi per cui ho limitato le uscite nei supermercati”. E gli affetti? “Mai come in questo periodo attraverso le video chiamate siamo stati così vicini. Per Pasqua addirittura abbiamo passato l’intero pomeriggio in video meeting con tutti i cugini e gli amici. Sembra paradossale, ma alla fine uno degli aspetti positivi di questa pandemia è stata proprio la riscoperta e il consolidamento dei legami che contano”.

I week end sono stati quelli più lunghi, ma in compagnia di una buona birra artigianale acquistata online al birrificio di fiducia e un enorme puzzle di Keith Haring che richiede tempo e pazienza (“Basta usare un approccio ingegneristico, dice Giuseppe), il brutto sembra essere alle spalle. E adesso, all’orizzonte, dopo lo slittamento per il Coronavirus, il trasferimento in Veneto per una nuova opportunità di crescita professionale proposta dalla sua azienda. In bocca al lupo!

 

Alessandra Tommasino

redazione

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