Masih Alinejad, chi è l’attivista iraniana che si batte contro il velo islamico?

Dopo il violento arresto di una donna da parte della polizia morale, è tornata in auge la figura dell’attivista esiliata negli Usa: scopriamo chi è

In Iran, un altro caso di arresto violento ha attirato l’attenzione internazionale. Una giovane donna è stata fermata dalla polizia morale a Teheran perché indossava l’hijab in modo improprio. Un video dell’arresto, diffuso su X dalla giornalista e attivista Masih Alinejad, mostra la donna con un hijab verde militare che le lascia parzialmente scoperti i capelli biondi e gli occhiali da sole. La scena è brutale: due agenti donne, integralmente vestite di nero, la spingono dentro un furgone della polizia morale, costringendola a entrare a forza. La giovane resiste, scalcia e cerca di sottrarsi, ma le poliziotte la tengono ferma finché un collega maschio non chiude il portellone del furgone.

Alinejad: “Non possichiamo chiudere gli occhi davanti a questo”

Masih Alinejad ha accompagnato il video con un commento incisivo: “Non possiamo chiudere un occhio davanti a questo regime di apartheid di genere”. La diffusione del video ha suscitato indignazione e proteste, mettendo ancora una volta in luce le violazioni dei diritti umani in Iran, in particolare quelle contro le donne che non rispettano le rigide norme sull’abbigliamento imposte dal regime islamico.

La continua repressione del regime iraniano

Un fatto che accade solo qualche giorno dopo alla condanna del premio Nobel per la pace nel 2023, Narges Mohammadi, da parte del tribunale rivoluzionario iraniano a un ulteriore anno di carcere per «propaganda contro lo Stato», come annunciato dal suo avvocato martedì 18 giugno su X. L’attivista per i diritti delle donne è già detenuta dal novembre 2021 ed è stata ripetutamente condannata e incarcerata negli ultimi 25 anni per la sua campagna contro il velo obbligatorio per le donne e la pena di morte. L’8 giugno, Mohammadi si è rifiutata di partecipare al nuovo processo, dopo che la sua richiesta di un’udienza pubblica è stata negata. Il legale dell’attivista ha spiegato che la 52enne è stata condannata per i suoi commenti su Dina Ghabilaf, la giornalista e studentessa che ha accusato la polizia di violenza sessuale, e sul boicottaggio delle elezioni parlamentari tenutesi a marzo in Iran.

Masih Alinejad
Masih Alinejad | Ansa – ireporters.it

Chi è Masih Alinejad

Masih Alinejad è una figura di spicco nella lotta per i diritti umani e la libertà delle donne in Iran. Nata a Ghomi nel settembre 1976, ha iniziato la sua carriera giornalistica nel 2001. Sin dall’inizio, i suoi articoli critici verso il regime della Repubblica Islamica hanno suscitato polemiche e reazioni violente. Per le sue idee e il suo attivismo, Masih è stata perseguitata e minacciata di morte. Nonostante questo, ha continuato a battersi per i diritti umani, fondando nel 2014 la pagina Facebook “My Stealthy Freedom”, che incoraggia le donne iraniane a pubblicare foto senza hijab come gesto di protesta.

L’attività di Masih non si è fermata qui. Nel 2022, la sua storia è stata raccontata in un docufilm e in un libro intitolato “Il vento fra i capelli. La mia lotta per la libertà nel moderno Iran”. La sua continua denuncia delle ingiustizie e il suo impegno per la libertà l’hanno resa una voce potente e influente, non solo in Iran ma a livello globale.

L’esilio negli Stati Uniti

A causa delle persecuzioni e delle minacce di morte, Masih è stata costretta a fuggire dall’Iran nel 2009. Ora vive a New York, dove è sotto costante protezione. Nonostante l’esilio, il suo legame con l’Iran rimane forte, e il suo sogno è quello di poter tornare nel suo paese e riunirsi con la sua famiglia. Negli Stati Uniti, Masih continua a essere una voce potente per la libertà e i diritti umani, parlando a nome di chi non può farlo.

Nel febbraio 2023, Masih è arrivata a Roma per incontrare gli iraniani della diaspora e chiedere un sostegno concreto all’Italia per i diritti umani del suo popolo. Durante una visita al Senato italiano, ha parlato della necessità di opporsi al regime iraniano e di sostenere le donne che lottano per la loro libertà. Masih è stata anche bersaglio di un complotto per assassinarla, orchestrato da un’organizzazione criminale dell’Est Europa su mandato dell’Iran, secondo le accuse del Dipartimento di Giustizia americano.

Il coraggio di Masih Alinejad

Masih Alinejad è un esempio di coraggio e determinazione. La sua battaglia per i diritti delle donne iraniane è incessante e pericolosa. Le sue parole e azioni ispirano milioni di persone in tutto il mondo. Con oltre 8,7 milioni di follower su Instagram e più di 700.000 su Twitter, i suoi post quotidiani sono un punto di riferimento per molte donne in Medio Oriente. Il documentario “Be My Voice” della regista Nahid Persson ha contribuito a rendere Masih un faro nella notte, una guida per chi combatte contro l’oppressione.

La sua lotta non si ferma davanti alle minacce di morte. In Iran, il regime ha messo una taglia sulla sua testa e ha persino diffuso una foto della sua impiccagione come avvertimento. Nonostante tutto, Masih continua a sfidare il regime, anche dopo l’attentato a Salman Rushdie, lo scrittore de I versetti satanici accoltellato il 12 agosto 2022 a Chautauqua, nello stato di New York da parte di Hadi Matarche, che a quanto ha raccontato, ha rappresentato un momento di crisi per lei. La sua risposta è stata chiara e determinata: “Fuck you! Rushdie è più forte della fatwa emessa da Khomeini: sogno, un giorno, di essere sullo stesso palco per guardare negli occhi i nostri killer”, ha detto l’attivista in merito a quell’evento.

Il prezzo della libertà

Masih Alinejad è consapevole del prezzo della libertà. “Ciascuna di noi è una piccola Rosa Parks che combatte contro l’apartheid di genere,” ha detto in un’intervista. Il suo fiore bianco nei capelli è diventato un simbolo della rivoluzione gentile che guida. Masih racconta come un fiore regalato da suo marito, in sostituzione di un anello di fidanzamento perso, sia diventato per lei l’emblema dell’amore e della ribellione pacifica. La sua convinzione è che, nonostante le armi, la violenza e le esecuzioni del regime, le donne abbiano la loro energia creativa e una volontà ferrea di cambiare le cose.

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