Su Tik Tok un profilo anonimo per attaccare i pentiti della mafia brindisina con tanto di nomi, video, indirizzi e stralci di verbali di collaborazione. Ora è stato rimosso ed è all’esame della Direzione antimafia
Rispunta su TikTok una pagina contro i collaboratori di giustizia di Brindisi (con tanto di nomi, foto e offese rivolte anche alle loro famiglie) già rimossa su indicazione della Dia – Direzione distrettuale antimafia -.
La pagina aveva raggiunto 1.600 follower e 2.500 like. C’erano stralci di verbali, minacce ai parenti di chi ha scelto di collaborare con gli inquirenti e canzoni neomelodiche che inneggiano alla criminalità.
Nonostante la rimozione iniziale, il profilo è tornato online, continuando a raccogliere consensi e commenti di approvazione. Un’altra pagina simile prende di mira una famiglia di Bari.
Su TikTok condivisi nomi e foto dei pentiti della mafia brindisina
Sempre su TikTok sono stati pubblicati anche stralci di verbali firmati da chi ha scelto di collaborare con lo Stato, dopo anni di militanza nella Sacra Corona Unita o di attività illecite nel traffico di droga e contrabbando. Tra le pubblicazioni recenti, spicca la copia del verbale reso dall’ultimo collaboratore di giustizia di Brindisi, Massimiliano Morleo, nonostante la pagina sia finita sotto i riflettori, anche mediatici, dopo un servizio dell’emittente Antenna Sud firmato da Gianmarco Di Napoli.
Il verbale, firmato da Morleo davanti al pm della DDA di Lecce il 21 settembre 2021, ha ottenuto oltre 34mila visualizzazioni. Grazie alle dichiarazioni di Morleo, è stato riaperto il fascicolo d’inchiesta sulla morte degli imprenditori Sergio Spada e Salvatore Cairo, attivi nel settore della vendita di pentole e articoli per la casa.
Le indagini, coordinate dal pm della DDA Milto Stefano De Nozza, hanno portato all’arresto di Cosimo ed Enrico Morleo, fratelli del collaboratore, attualmente in carcere e sotto processo con l’accusa di aver ucciso entrambi gli imprenditori, con le aggravanti della premeditazione e del metodo mafioso.
Sulla pagina del social network è stato pubblicato anche il nome di chi, secondo l’anonimo gestore, “si frequenta ancora oggi con Massimiliano Morleo”: «Lo va a trovare in località protetta quando può e si vedono in videochiamata tutti i giorni». Inoltre, sono stati menzionati i nomi di Andrea Romano, ascoltato per l’omicidio di Gianpiero Carvone, un 19enne ucciso nel settembre 2019 davanti alla sua abitazione nel rione Perrino, così come quelli della moglie e della cognata, entrambi collaboratori di giustizia.
La pagina riporta anche i nomi di un poliziotto di Brindisi e di uno studio professionale, accompagnati da messaggi intimidatori, come quello rivolto ad Adriano Stano, legato al periodo in cui il Montenegro era zona di latitanza: «Che bei figli che hai. Li hai uccisi». Stano ha tentato di scoprire chi si celasse dietro quella pagina, prima attraverso un profilo falso, poi con le sue generalità, ma senza successo.
La Direzione Investigativa Antimafia (DIA) aveva disposto la rimozione del profilo TikTok, ma è riapparso online. Sulla situazione di Brindisi è intervenuta l’associazione anti mafia Libera Puglia, che ha descritto la vicenda come un segnale della rinnovata presenza e pericolosità della Sacra Corona Unita e, più in generale, delle mafie nel sud della Puglia.
La pagina inizialmente conteneva «una cinquantina di video, foto dei primi collaboratori fino a quelli attuali e anche stralci dei verbali di collaborazione». Dopo diversi omicidi, sparatorie, minacce e intimidazioni rivolte persino a esponenti della magistratura e delle forze dell’ordine, Libera ha evidenziato come questa notizia dimostri l’attività della Sacra Corona Unita anche sui canali di comunicazione social, utilizzati per diffondere violenza, omertà e prepotenza.
La giudice per le indagini preliminari (GIP) del tribunale di Lecce, Maria Francesca Mariano, e la pm antimafia Carmen Ruggiero, sono sotto scorta da circa un anno dopo aver firmato gli atti dell’inchiesta “The Wolf” contro la Sacra Corona Unita. Entrambe hanno ricevuto per mesi lettere intimidatorie con minacce di morte e sono state vittime di tentativi di aggressione durante gli interrogatori. In un episodio particolarmente inquietante, una testa di capretto insanguinata, infilzata con un coltello da macellaio e accompagnata da un biglietto su cui era scritto «Così», è stata lasciata davanti all’ingresso di casa della gip Mariano.
Secondo Libera, l’azione repressiva non è sufficiente a sradicare la Sacra Corona Unita. È necessario approfondire la complessità dei fenomeni mafiosi, la loro infiltrazione nel tessuto sociale, culturale ed economico, e porre attenzione al consenso sociale che le mafie cercano e di cui ancora godono.