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Lotta alle estorsioni in tempi d’emergenza Covid19

La lotta alle estorsioni, l’emergenza Covid19, il miraggio dei diritti fondamentali e le leggi regionali senza risorse.

Quando si rievoca la storia di Libero Grassi tanti ancora oggi danno una rappresentazione fuorviante di ciò che accadde il 29 agosto 1991. Molti sostengono che l’imprenditore tessile fu assassinato perché si ribellò alle estorsioni e non considerano che in realtà l’omicidio fu provocato dalla solitudine e dall’isolamento a cui fu relegato da istituzioni, colleghi imprenditori e cittadini. Allora e fino a sedici anni fa, quando nacque Addiopizzo, le denunce contro le estorsioni a Palermo si contavano sulle dita di due mani, in un contesto che sprofondava nelle sabbie mobili dell’indifferenza e della reticenza.

Con il passare degli anni, va detto che si è creata un’alternativa oltre quella, per tanto tempo ineluttabile, di tacere e pagare Cosa nostra.
Per queste ragioni oggi Libero Grassi avrebbe a fianco diverse centinaia di vittime che negli ultimi sedici anni, anche con l’ausilio del nostro movimento, si sono opposte alle estorsioni grazie al lavoro prezioso di forze dell’ordine e magistrati. Tuttavia c’è ancora chi continua a pagare e in certe circostanze a negare persino l’evidenza, in un momento di emergenza sanitaria nel quale la pandemia rischia di offrire spazi di crescita per Cosa nostra e imprese mafiose a scapito del tessuto economico sano.

Cionondimeno in questo momento ciò che più ci preoccupa non è solo il rischio di recrudescenza dell’usura e del condizionamento mafioso di imprese e famiglie in difficoltà. Rispetto a tale pericolo i magistrati della procura di Palermo e le forze dell’ordine – polizia, carabinieri, guardia di finanza e Dia – continuano a operare senza soluzione di continuità, liberando vittime di estorsione, pezzi di territorio e di economia dal controllo di Cosa nostra. In realtà, quello che più ci inquieta è che i vuoti creati dall’azione repressiva possano, nel tempo, rimanere tali e senza risposte politiche. Vuoti che in questo periodo drammatico diventano voragini se il lavoro, l’accesso al credito, la cassa integrazione, il sussidio alimentare, l’istruzione e la salute rimangono più che diritti per tutti un’illusione per tanti. Ci sono aree di Palermo attraversate da sacche di povertà e degrado sociale e urbano dove l’emergenza sanitaria ha accentuato le disuguaglianze. Uno stato di precarietà esistenziale oramai cronicizzato che non consente di affrancarsi da fenomeni di illegalità diffusa e organizzata, che in certi quartieri sono da tempo i principali ammortizzatori sociali che assicurano sopravvivenza.

In questi mesi per provare a superare l’emergenza covid-19, sono state stanziati decine di miliardi di euro per offrire soprattutto garanzie pubbliche per accedere al credito. Ma piuttosto di investire, in particolare, su tali misure che rimangono per molti impantanate in ritardi e lungaggini burocratiche, perché non si dotano delle risorse necessarie le leggi che esistono da anni e che sono senza fondi?!

In Sicilia vige dal 2008 una legge regionale che consente il rimborso degli oneri fiscali e previdenziali alle vittime di estorsione. Il varo di tale norma fu presentato come una novità che avrebbe segnato la “svolta nella prevenzione e contrasto al racket delle estorsioni”. A distanza di dodici anni dall’approvazione di tale legge, la maggior parte delle vittime che hanno trovato la forza e il coraggio di denunciare non hanno avuto alcuna possibilità di accedervi, visto che su tale misura le risorse sono state nel corso degli anni falcidiate da chi, indistintamente, si è avvicendato al governo della regione e sugli scranni dell’Assemblea regionale siciliana. In un momento in cui c’è bisogno di liquidità è paradossale che certe norme non abbiano risorse adeguate.

redazione

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