È incredibile quanto ipotizzato da alcuni scienziati: la tecnologia e la nostra evoluzione sarebbero disallineati. Ecco cosa vuol dire
La storia ci racconta che l’evoluzione umana è un processo tutt’altro che lineare. Già i nostri antenati, infatti, hanno vissuto periodi di rallentamento evolutivo, alternati da anni in cui le scoperte e le invenzioni hanno rivoluzionato velocemente il modo di vivere e di pensare di tutti gli esseri umani. Ciò che sta succedendo in questi anni ne è un esempio concreto: la tecnologia è in rapida e continua evoluzione, e continua a influenzare e a cambiare anche la nostra di evoluzione. Il problema, però, è che sembra che la tecnologia stia progredendo troppo velocemente, tanto che alcuni esperti hanno iniziato a parlare di “disallineamento evolutivo”. Ecco cosa significa.
La teoria del disallineamento evolutivo: cos’è e perché preoccupa gli studiosi di tutto il mondo
Nella biologia evolutiva, la disciplina che analizza l’origine e l’evoluzione delle specie nel tempo, esiste la teoria del “disallineamento evolutivo”, che postula che un tratto biologico precedentemente vantaggioso possa diventare disadattivo a causa di cambiamenti ambientali rapidi. Questa teoria è utile per comprendere alcuni aspetti dell’evoluzione di varie specie animali ed è stata applicata anche in psicologia per descrivere la difficoltà umana nell’adattarsi alle rapide variazioni di intensità e quantità degli stimoli nella modernità rispetto al passato ancestrale.
Secondo alcuni studiosi, molti problemi di salute mentale, tra gli altri, potrebbero derivare da un mancato allineamento tra i tempi dell’evoluzione della nostra specie e quelli più rapidi della modernizzazione. In pratica, il modo in cui gli esseri umani sono strutturati renderebbe difficile sostenere il ritmo dei progressi tecnologici recenti senza subire contraccolpi significativi e diffusi.
Esempi e preoccupazioni riguardo il disallineamento evolutivo
L’ipotesi del disallineamento evolutivo si basa sull’idea che i meccanismi psicologici umani siano adattamenti evolutisi per elaborare stimoli ambientali specifici e convertirli in comportamenti che aumentano le probabilità di sopravvivenza e riproduzione. Tuttavia, i contesti moderni sono significativamente diversi dagli ambienti in cui questi meccanismi si sono originariamente evoluti, dove la sopravvivenza dipendeva dalla capacità di rilevare minacce.
Un esempio comunemente citato di disallineamento evolutivo in biologia è quello delle falene e di altri animali notturni che si sono evoluti per orientarsi al buio utilizzando la luna come riferimento luminoso. L’introduzione della luce artificiale ha portato questi animali a essere attratti dai lampioni e altre fonti di luce, rendendo disadattivo in tempi brevi un comportamento che era inizialmente vantaggioso.
Un fenomeno analogo si osserva negli esseri umani, come ha spiegato Jose Yong, psicologo della Northumbria University di Newcastle, sul sito The Conversation. Un esempio tipico è l’attrazione per i dolci, che ha un’origine evolutiva: nasce dalla tendenza umana a cercare cibi molto calorici in ambienti dove le risorse alimentari erano scarse. Questo comportamento, una volta adattivo, è diventato disadattivo in un contesto in cui l’industria alimentare produce cibi ricchi di zuccheri e grassi raffinati. In questo nuovo contesto, il desiderio di dolci aumenta le probabilità non più di sopravvivenza, ma di carie, obesità e diabete.
Il concetto di disallineamento evolutivo viene spesso utilizzato anche per spiegare varie forme di ansia. Abbiamo ereditato i geni di una specie la cui sopravvivenza dipendeva dalla capacità di combattere o fuggire da situazioni pericolose, come spiegò la psicologa Jelena Kecmanovic in un articolo del 2019 sul Washington Post. Nel mondo sviluppato di oggi, le persone non affrontano più quei tipi di pericoli, ma i meccanismi psicologici che rilevano le minacce vengono stimolati costantemente da un ciclo di notizie incessante e dalla continua interconnessione digitale.
In qualunque tipo di reazione, “la nostra ansia ha costantemente la possibilità di esplodere“, scrisse Kecmanovic. Inoltre, molte forme di solitudine e disagio psicologico possono essere viste come conseguenze dell’incapacità di gestire relazioni in contesti virtuali infiniti o in grandi città affollate da migliaia di sconosciuti. I nostri istinti, un tempo adattivi, si sono evoluti in ambienti caratterizzati da piccole comunità nomadi di circa un centinaio di individui strettamente legati tra loro.
I problemi del disallineamento evolutivo
Nonostante sia una teoria intrigante e utile per esplorare le cause potenziali di disadattamenti nella società moderna, il concetto di disallineamento evolutivo solleva diverse questioni riguardanti i suoi criteri e i limiti della sua applicazione. I sostenitori di questa teoria tendono a delineare scenari in cui i tratti biologici possono evolversi solo nel lungo termine, ma il concetto di lungo termine può variare significativamente a seconda delle specie e dei contesti specifici.
Ad esempio, alcuni animali notturni hanno adattato il loro comportamento all’inquinamento luminoso derivante dalla luce artificiale, modificando sia il loro comportamento individuale che le caratteristiche delle loro generazioni successive. I ragni nelle città hanno iniziato a tessere le loro ragnatele sotto i lampioni per catturare più insetti, mentre alcune falene hanno sviluppato una minore attrazione verso la luce.
Secondo gli studiosi Andrés Segovia-Cuéllar e Lorenzo Del Savio, autori di un articolo pubblicato nel 2021 sulla rivista Medicine, Health Care and Philosophy, l’applicazione della teoria del disallineamento evolutivo a diversi ambiti della vita umana, dall’economia all’etica, è problematica. Questo perché i sostenitori della teoria tendono a selezionare specifici tratti evolutivi della specie a posteriori, enfatizzando alcuni aspetti per sostenere presunte predisposizioni umane che la modernità dovrebbe favorire per evitare il risorgere di caratteristiche ancestrali.
Immaginare e adottare solo condizioni che presuntamente soddisfano i bisogni delle antiche comunità nomadi di cacciatori-raccoglitori imporrebbe vincoli significativi su ogni decisione politica a breve e medio termine. Inoltre, questo approccio potrebbe orientare le pratiche umane a promuovere e proteggere presunte caratteristiche ancestrali a discapito di altre, trascurando la notevole flessibilità comportamentale e psicologica degli esseri umani.
In generale, molte interpretazioni superficiali e precipitose della teoria del disallineamento evolutivo tendono a generare equivoci e fraintendimenti, soprattutto perché spesso trascurano come gli esseri umani superano i limiti imposti dall’ambiente e dalla selezione naturale. Diverse prospettive teoriche alternative e discipline filosofiche hanno sottolineato come gli esseri umani, a differenza di altre specie, definiscano se stessi e gli altri individui attraverso una relazione con l’ambiente circostante che non è statica, ma fluida e incerta.
Secondo il filosofo e sociologo tedesco Helmuth Plessner, riconosciuto insieme a Max Scheler e Arnold Gehlen come uno dei principali autori dell’antropologia filosofica del Novecento, la connessione tra l’essere umano e l’ambiente, proprio per la sua instabilità, richiede una continua ridefinizione attraverso vari strumenti che danno forma al mondo artificiale della cultura. L’essere umano, scrive Plessner nel libro “I gradi dell’organico e l’uomo”, ha la necessità di trovare un equilibrio in un ambiente nel quale è costantemente “decentrato“, il che lo spinge ad essere “artificiale per natura“.