Il granchio blu continua a proliferare e ha fatto chiudere molti allevamenti di vongole e altri molluschi, senza soluzioni chiare
Dall’estate scorsa, l’attenzione pubblica sulla proliferazione dei granchi blu nel delta del Po è rimasta alta, e la situazione nelle lagune del Nord-Est non è molto cambiata. Nel 2023, numerosi allevamenti di vongole e altri molluschi subivano gravi perdite a causa della voracità di questi crostacei, ma quest’anno gli allevamenti sono diminuiti perché molti hanno dovuto chiudere a causa della presenza del granchio blu, originario dell’oceano Atlantico, ormai diffuso lungo tutte le coste italiane.
I danni causati dai granchi blu sono stati enormi: secondo Coldiretti Pesca, le perdite superano i 100 milioni di euro. Questo è un settore cruciale per l’Italia, uno dei principali produttori di vongole e cozze dell’Unione Europea, che dà lavoro a migliaia di persone.
Il 6 agosto, il governo ha nominato un commissario straordinario, Enrico Caterino, ex prefetto di Rovigo e Ravenna, per affrontare il problema. Il commissario avrà l’incarico fino al 31 dicembre 2026 e dovrà organizzare un piano per contenere la presenza dei granchi e rilanciare il settore della molluschicoltura in Veneto, nella provincia di Ferrara e in parte del Friuli Venezia Giulia.
I granchi blu non sono apparsi in Italia solo l’anno scorso. In numeri ridotti erano già stati osservati lungo le coste italiane dal 1948, e negli ultimi due o tre anni i pescatori delle lagune venete avevano notato un aumento della loro presenza. Tuttavia, l’anno scorso si è verificato un drastico incremento della popolazione.
Da allora, il settore degli allevamenti di molluschi ha subito un duro colpo: nella Sacca di Scardovari, in provincia di Rovigo, le aziende hanno sospeso le attività dopo che la produzione di molluschi è diminuita del 96,9% tra gennaio 2023 e gennaio 2024. Anche a Goro, in provincia di Ferrara, alcune cooperative di pescatori hanno interrotto le attività, e quelle che proseguono non raggiungono il 30% della produzione degli anni passati.
In alcune zone lagunari vicine all’Adriatico, come Comacchio in provincia di Ferrara, la molluschicoltura è attualmente impraticabile, e non è chiaro quando sarà possibile riprenderla. In altre aree, tra cui la Sacca di Scardovari, si stanno sperimentando sistemi di difesa contro i granchi blu per favorire la crescita delle vongole, ma l’efficacia di questi metodi è ancora incerta.
Non si ha ancora un quadro preciso della diffusione attuale dei granchi blu rispetto al 2023 e degli effetti delle attività di pesca mirate a contenerne la proliferazione. Uno degli obiettivi del commissario straordinario Enrico Caterino è coordinare gli studi in corso per ottenere stime accurate, che serviranno come base per definire le strategie future.
«Non abbiamo ancora dati aggiornati su scala nazionale, ma abbiamo osservato che la presenza del granchio blu resta consistente nel Polesine, e continua a predare nelle aree dove la molluschicoltura è ancora attiva», afferma Saša Raicevich, ricercatore dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) e collaboratore del commissario straordinario. «Ci sono stati fenomeni locali di morìe lungo le coste del Polesine, su cui si sta indagando, ma finora non hanno avuto un impatto significativo sulle popolazioni».
Finora, per contrastare la proliferazione dei granchi blu e i danni al settore della molluschicoltura, si sono adottate due strategie principali, entrambe un po’ improvvisate a causa dell’urgenza della situazione imprevista dell’anno scorso: l’uso di reti di protezione per gli allevamenti e la pesca dei granchi. Tuttavia, nessuna delle due soluzioni, né la loro combinazione, si è rivelata risolutiva fino ad ora.
Le reti di protezione non possono essere utilizzate ovunque. Possono essere installate solo in aree con fondali poco profondi e dove non ostacolano eccessivamente il flusso dell’acqua, poiché in tal caso i molluschi potrebbero non ricevere abbastanza ossigeno, rischiando danni o morte. Ad esempio, a Comacchio, le reti non possono essere utilizzate perché l’acquacoltura si pratica in canali con profondità di 4 o 5 metri, come ha spiegato il sindaco Pierluigi Negri durante una riunione con il commissario straordinario Enrico Caterino il 21 agosto a Ferrara. Anche nelle aree dove l’uso delle reti è possibile, l’efficacia rimane incerta, poiché i granchi blu sono noti per la forza delle loro chele, che permettono loro di rompere le comuni reti da pesca.
Il problema della pesca del granchio blu è che, al momento, si tratta di un’attività non economicamente sostenibile. Nonostante i granchi blu siano commestibili e abbiano un buon sapore, e sebbene siano stati promossi come alimento da chef famosi per incentivare la loro pesca, la domanda rimane insufficiente. Anzi, potrebbe essere diminuita: secondo i dati di Legacoop, nei primi sei mesi del 2024 sono stati venduti quasi 44mila chili di granchio blu, rispetto ai 510mila chili venduti negli ultimi sei mesi del 2023, quando il problema era maggiormente sotto i riflettori mediatici.
La carne dei granchi blu è molto apprezzata in paesi come gli Stati Uniti e la Corea del Sud, ma organizzare le esportazioni presenta diverse complessità, nonostante alcuni tentativi siano già stati fatti.
Un ulteriore problema è che molti dei granchi pescati non raggiungono le dimensioni ideali per la vendita e il consumo. Secondo le osservazioni empiriche dei pescatori riportate da Saša Raicevich dell’ISPRA, attualmente solo il 5-10% dei granchi catturati ha le dimensioni adeguate. «In alcune lagune», aggiunge Raicevich, «la taglia media sembra essere più piccola rispetto a quella dell’anno scorso, probabilmente a causa della pesca selettiva che ha mirato agli esemplari più grandi». Inoltre, i costi per smaltire i resti dei granchi invenduti devono essere sostenuti dagli stessi pescatori, rendendo ancora meno sostenibile la pesca di contenimento, che ha come principale obiettivo la riduzione del numero di granchi in circolazione.
È necessario del tempo per strutturare un vero e proprio mercato attorno alla pesca dei granchi blu, ad esempio creando impianti dove gli individui più piccoli catturati possano essere allevati fino a raggiungere dimensioni commercializzabili, e per far ripartire la molluschicoltura.
Si è anche discusso della possibilità di sfruttare predatori naturali dei granchi blu per contenerne la popolazione, ma è un tema ancora prematuro da valutare. Raicevich ha sottolineato che non si sta pensando all’introduzione di specie estranee all’ecosistema, ma piuttosto a strategie per favorire animali autoctoni che possano fungere da predatori naturali del granchio blu, come il branzino o, ancora di più, l’anguilla. Quest’ultima specie è in grave declino da tempo: se si riuscisse a favorirne il ritorno nelle lagune del Nord-Est, si potrebbe anche limitare la proliferazione del granchio blu.
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