“La non estraneità ad ambienti criminali non si può presumere, va dimostrata”, è la decisione presa dal giudice Ettore Favara del Tribunale di Roma che ha accolto il ricorso dei familiari di Pasquale Pagano ma il Ministero dell’Interno continua a fare opposizione.
Per il Tribunale di Roma – giudice Ettore Favara, Pasquale Pagano è una vittima innocente della camorra e come tale va riconosciuto con tutti i benefici di legge ai suoi familiari, moglie e due figlie che quando Pagano fu ucciso avevano 6 e 10 anni.
L’opposizione del Ministero dell’Interno
Pasquale Pagano fu ucciso per errore nel 1992 dal clan dei Casalesi. E’ stato riconosciuto vittima innocente della criminalità organizzata da una sentenza del 2015 (passata in giudicato nel 2018), riconoscendo ai familiari il diritto all’elargizione in danaro prevista dalla legge 302 del 1990. Il Ministero dell’Interno, che ha fatto appello contro la sentenza andando contro la decisione del Tribunale, si rifiuta di procedere secondo quanto detta la normativa. L’istanza della moglie e delle figlie di Pagano è stata rigettata perchè secondo il Viminale i beneficiari non sono del tutto estranei ad ambienti e rapporti delinquenziali, e non perchè la loro condotta sia condannabile ma perchè un fratello della vittima ha commesso reati legati alla tossicodipendenza, non di camorra come prescrive il legislatore.
La decisione del Tribunale di Roma
Per il giudice del Tribunale di Roma quanto opposto dal Ministero non sussiste. “In effetti la parentela – scrive il magistrato – non essendo il frutto di una scelta libera del soggetto, non può comportare, al di fuori delle ipotesi tassative previste dal legislatore, alcuna conseguenza negativa per il soggetto neppure in termini di presunzione. E ciò anche in considerazione dell’estrema difficoltà, per l’interessato, di ribaltare una simile presunzione, fornendo la prova negativa dell’inesistenza di rapporti anche criminali con i propri parenti e affini. Molto più ragionevole, pertanto, che tale onere sia addossato al Ministero, il quale, attraverso i propri rilevanti mezzi di informazione – ad esempio mediante informative di polizia – ben può accertare l’esistenza in concreto di frequentazioni e rapporti criminali o l’inserimento in ambienti malavitosi, e non limitarsi – come avvenuto nel caso in esame – a riportare le risultanze del casellario giudiziario e dello stato di famiglia delle ricorrenti”.
“Armi spuntate contro le mafie”
Per Giovanni Zara, legale dei familiari di Pagano, “se non si tutela la memoria delle vittime innocenti delle mafie, viene meno anche uno dei pilastri della giustizia e si rischia inoltre, di usare armi fin troppo spuntate contro la criminalità organizzata. Un errore che il Ministero dell’Interno non può permettersi”.