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Categories: Attualità

Il caso Petrella: “Mio padre un eroe senza giustizia”

Parla il figlio di Luigi Petrella ucciso nel 1999 dopo aver indicato il covo di alcuni latitanti-

Abbandonati dallo Stato che non ha riconosciuto i loro parenti vittime innocenti di camorra, sono tanti i casi in Campania di familiari che non solo hanno dovuto subire la perdita di un caro, ma che sono visti rigettare dal ministero dell’Interno, l’istanza di riconoscimento come vittima innocente. Per questo in giornata i familiari hanno voluto far sentire la propria voce incontrandosi a casa don Diana a Casal di Principe, in cui il comitato don Peppe Diana, Libera e coordinamento casertano vittime innocenti di camorra hanno organizzato un incontro per chiedere alle istituzioni maggiore attenzione verso questi casi. Un problema sollevato anche dall’avvocato Giovanni Zara, che difende alcune delle vittime, il cui riconoscimento non avviene a causa di tre norme che vengono interpretate in “maniera erronea”.

Tra i tanti casi spicca quello di Luigi Petrella, guardia giurata, ucciso nel 1999 a Pescopagano. Lo stesso Petrella solo una settimana prima dell’omicidio aveva accompagnato la polizia, indicando il covo di alcuni latitanti del clan dei Casalesi (tra cui Giuseppe Setola e Giuseppe Dell’Aversano detto ‘O Diavolo’). “Mio padre dai fascicoli che ci hanno dato viene definito un eroe, ma lo stato si è completamente dimenticato di lui” dice sconsolato Daniele il figlio di Luigi che aggiunge: “Il riconoscimento di vittima innocente di camorra darebbe quantomeno giustizia a chi ha sacrificato la sua vita per il bene comune”.

I Casi

Sono tante le persone uccise dalla camorra, ma estranee agli ambienti criminali che non hanno ancora ricevuto il riconoscimento, storie di ogni tipo che raccontano come in questi anni le istituzioni si siano dimenticate di chi ha perso la vita senza avere alcuna colpa.

Pagano Pasquale

Pasquale Pagano è stato ucciso per uno scambio di persona dal clan dei Casalesi fazione Venosa a Casapesenna in data 26 febbraio 1992. Ad accertare la dinamica dei fatti e la totale estraneità della vittima da ambienti delinquenziali è la sentenza n. 2223/15 emessa in data 16.12.2015 dal GIP di Napoli – uff. 11, passata in giudicato nel 2018. L’istanza presentata al Comitato di Solidarietà, ex Lege 512/1999, è stata rigettata, perché lo si è ritenuto non estraneo ad ambienti e rapporti delinquenziali e questo perché il fratello della vittima aveva commesso diversi reati legati alla tossicodipendenza ma l’assurdità è che tali reati sono stati commessi 12 anni dopo la sua uccisione.

Come avrebbe potuto la vittima non essere estraneo ad ambienti e rapporti delinquenziali se quanto a lui contestato, è avvenuto dopo oltre dieci anni dalla sua tragica morte? Un mistero che non ha risposta.

Russo Flavio

Flavio Russo, vittima innocente di San Cipriano d’Aversa, fu colpito l’8 settembre 1992 da un proiettile vagante sparato da Carannante Francesco. La sentenza n. 3 del 1997 emessa dalla Corte di Santa Maria Capua Vetere, passata in giudicato, ha condannato l’autore del reato e ha evidenziato la totale estraneità della vittima da ogni ambiente delinquenziale. Medesima considerazione, di totale estraneità, fu affermata dal Procuratore Federico Cafiero de Raho con parere del 01/04/2010 e dal Comano Provinciale dei Carabinieri di Caserta con informativa del 20 ottobre 2009. Pur tuttavia, il Ministero dell’Interno ha rigettato l’istanza di riconoscimento di vittima innocente ritenendo il padre Russo Rodolfo non estraneo ad ambienti e rapporti delinquenziali, per aver commesso atti osceni nel 1958 (quando il pubblico pudore era decisamente diverso); furto di energia elettrica nel 1966; mancato versamento di Iva nel 1966, abusivismo edilizio nel 1980 nel comune di San Cipriano d’Aversa che all’epoca era privo di piano regolatore. Ebbene, non solo tali reati non riguardano la criminalità organizzata ma per tutti è intervenuta la riabilitazione.

Celiento Antonio

Ucciso dal Clan dei Casalesi fazione Setola, pochi minuti prima della strage dei Ghanesi a Castel Volturno il 18 settembre 2018. La sentenza n. 18/2013 ha stabilito che il Celiento è stato ucciso perché aveva indicato ad un amico poliziotto il luogo dove si nascondevano due latitanti. Il Ministero dell’Interno ha rigettato l’istanza di riconoscimento presentata dalla moglie e dai figli, perché a carico della vittima sussistono dei precedenti di polizia per abusivismo edilizio, ricettazione e gioco d’azzardo, il Celiento gestiva una sala giochi. Il motivo del rigetto è perché ritenuto, a causa dei reati contestati non “del tutto estranei ad ambienti e rapporti delinquenziali”.

Pagliuca Genovese

Genovese Pagliuca è stato ucciso dal Clan dei Casalesi fazione Bidognetti, il 19 gennaio 1995 a Teverola. La sentenza emessa dalla Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere n. 3/05 e quella emessa dalla Corte di Appello di Assise di Napoli n. 21/08, hanno stabilito che Pagliuca Genovese venne ucciso perché non volle obbedire ai voleri del Clan di lascare la sua fidanzata e di allontanarsi dal suo paese di origine. Entrambe le sentenze hanno poi deliberato che la vittima era del tutto estranea ad ambienti e rapporti delinquenziali. Il Ministero dell’Interno, invece ha rigettato l’istanza presentata dai genitori, perché da un’informativa dei Carabinieri, redatta a poche ore dall’omicidio, risultava che la vittima era stata vista colloquiare con un giovane di 21 anni, scopertosi poi vicino al Clan dei Casalesi. In questo caso il Ministero dell’Interno, in spregio di qualunque norma, disattende una decisione Giudiziaria basando il suo provvedimento su conclusioni completamente opposte.

Coviello Paolo e Pagano Pasquale

Paolo Coviello e Pasquale Pagano sono stati uccisi per uno scambio di persona dal clan dei Casalesi fazione Venosa a Casapesenna in data 26 febbraio 1992. Ad accertare la dinamica dei fatti e la totale estraneità della vittima da ambienti delinquenziali è la sentenza n. 2223/15 emessa in data 16.12.2015 dal GIP di Napoli – uff. 11, passata in giudicato nel 2018. L’istanza di riconoscimento è stata rigettata, perché il Ministero dell’Interno ha ritenuto violato l’articolo 2 quinquies della Legge 186/2008, in quanto risultano parenti o affini entro il quarto grado, con precedenti penali aggravati dal metodo mafioso. Le vittime così come i loro familiari, non hanno mai avuto a che fare con tali parenti o affini ma hanno sempre condotto una vita riservata e lontanissima dalle logiche criminali. Per di più alcuni parenti sono divenuti collaboratori di giustizia, per cui non è possibile l’applicazione della Legge contestata. Per le sorelle Pagano addirittura la parentela è di quinto grado pertanto la violazione commessa dal Ministero dell’Interno diventa evidente.

Barbaro Salvatore

Salvatore Barbaro è stato ucciso ad Ercolano per uno scambio di persona il 13 novembre 2009. Ad accertare la dinamica dei fatti e la totale estraneità della vittima da ambienti delinquenziali sono le sentenze n. 18/2017 emessa in data 20 dicembre 2017 dalla Corte di Assise di Napoli – Sez. 4° e la sentenza n. 3467/2016 emessa in data 6 dicembre 2016 dal Tribunale di Napoli Sezione Gip ufficio 31°, ancora in corso il giudizio di appello. Inoltre, a stabilire la totale estraneità della vittima e del suo nucleo familiare sono stati i Carabinieri di Torre Annunziata ma il Ministero dell’Interno ha rigettato l’istanza perché ritiene violato l’articolo 2 quinquies della Legge 186/2008. Le presunte parentele o affinità sono però con soggetti che hanno commesso reati diversi rispetto a quelli stabiliti dalla Legge e che nulla hanno a che vedere con la criminalità organizzata.

 

redazione

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