Quello che sta succedendo con Matteo Salvini riapre un tema caro all’attuale esecutivo. Scopriamo meglio in cosa consiste
La riforma costituzionale della giustizia, fortemente voluta dal governo di Giorgia Meloni e sostenuta dal Ministro della Giustizia Carlo Nordio, rappresenta uno dei principali temi di dibattito politico e istituzionale dell’attuale legislatura, considerando anche quanto stia succedendo con il caso Open Arms che coinvolge Matteo Salvini. La proposta mira a rivoluzionare l’assetto della magistratura italiana, introducendo una separazione netta tra la magistratura giudicante e quella requirente, insieme alla creazione di due distinti Consigli Superiori della Magistratura (CSM).
Separazione delle carriere: il cuore della riforma
Al centro della riforma c’è l’idea di separare in modo definitivo le carriere dei giudici (magistratura giudicante) e dei pubblici ministeri (magistratura requirente). Attualmente, in Italia, i magistrati possono passare da una funzione all’altra una sola volta nella loro carriera, purché ciò avvenga entro i primi dieci anni di servizio. Tuttavia, secondo i dati, questa possibilità viene utilizzata in misura limitata: il 74% dei magistrati non cambia mai ruolo.
La riforma proposta vieterebbe del tutto questo passaggio, dividendo in modo definitivo i percorsi professionali di giudici e pubblici ministeri. Questa separazione è vista come un modo per garantire maggiore imparzialità e indipendenza tra le due funzioni. I giudici si occupano di emettere sentenze sulle controversie legali, mentre i pubblici ministeri rappresentano lo Stato nel processo penale e avviano le indagini contro i presunti colpevoli. Mantenere distinti questi ruoli, secondo i sostenitori della riforma, è fondamentale per assicurare un sistema giudiziario più equo e trasparente.
Due nuovi CSM: il ruolo del Presidente della Repubblica
Un’altra novità importante riguarda la creazione di due Consigli Superiori della Magistratura separati, uno per la magistratura giudicante e uno per quella requirente, entrambi presieduti dal Presidente della Repubblica. Attualmente, esiste un solo CSM, il cui compito è garantire l’indipendenza della magistratura e gestire questioni come le assunzioni, le assegnazioni e le valutazioni dei magistrati.
La riforma, attraverso l’articolo 3, propone di modificare l’articolo 104 della Costituzione, creando due organismi distinti, con la stessa durata (quattro anni) e simili composizioni. Il primo presidente della Cassazione e il procuratore generale ne faranno parte di diritto. I membri restanti saranno selezionati con un sistema di sorteggio “temperato”: un terzo dei membri sarà scelto tra professori universitari e avvocati con almeno 15 anni di esperienza, mentre i due terzi saranno sorteggiati tra i magistrati stessi.
Il sorteggio, proposto come metodo di selezione, ha generato alcune perplessità. Da un lato, esso punta a evitare influenze politiche nella nomina dei membri del CSM, garantendo maggiore trasparenza; dall’altro, alcuni critici temono che il sorteggio possa ridurre il livello di competenza e responsabilità dei membri scelti, con il rischio di un CSM meno efficiente e meno rappresentativo.
L’Alta Corte disciplinare e altre novità
Un altro elemento centrale della riforma è la creazione di un’Alta Corte disciplinare, composta da quindici membri, di cui tre nominati dal Presidente della Repubblica e dodici selezionati tramite sorteggio. Questo organismo avrà il compito di giudicare le infrazioni disciplinari dei magistrati, garantendo un meccanismo di controllo e responsabilizzazione più rigido e separato rispetto all’attuale sistema.
Gli articoli 6 e 7 della riforma si concentrano sulle modifiche di drafting, necessarie per adattare la Costituzione alla creazione dei due CSM, mentre l’articolo 8 introduce le disposizioni transitorie, fissando un anno di tempo per l’adeguamento delle istituzioni alle nuove normative.
I tempi
L’iter legislativo per l’approvazione della riforma non sarà breve. La procedura prevede che il testo debba essere approvato da entrambe le camere del Parlamento in due deliberazioni successive, con un intervallo minimo di tre mesi tra di esse. Alla seconda votazione, per evitare un referendum confermativo, la legge deve ottenere una maggioranza qualificata di due terzi. In caso contrario, sarà la popolazione a dover decidere con una consultazione referendaria.