I nuovi poveri: “Senza casa e lavoro, con i nostri figli in Caritas”

di Tina Cioffo e Fabio Mencocco

Le luci di Natale sono già accese e il clima delle feste è cominciato ma non per tutti. Il Natale delle spese, del consumo, del regalo più grande e più bello non sarà il Natale per le tante persone che ogni sera affollano la mensa della Caritas di Aversa, solo per avere un pasto caldo, un sorriso di incoraggiamento ed un ricovero dal freddo. «Per avere più spazio ed essere in grado di ospitare quanti ci chiedono aiuto, abbiamo dovuto allargare i locali della mensa e aggiungere dei tavoli. Ogni giorno abbiamo oltre 100 persone», dice don Carmine Schiavone direttore della Caritas della Diocesi di Aversa. Ma non si tratta solo di offrire da mangiare. In Vicolo Sant’Agostino ad Aversa, poco lontano dalla centrale piazza Mercato e solo un paio di chilometri dal Tribunale Napoli Nord, ci sono i ‘senza fissi dimora’. «Per mesi ho dormito in auto, avere ora un letto nel quale poter riposare mi sembra un lusso», racconta uno degli ospiti. Era un imprenditore edile con una squadra di 40 operai con mercato nel nord Italia ma la crisi economica ha travolto la sua azienda senza rimedio. «Conservo ancora un bigliettino da visita e ogni tanto lo guardo per ricordare», confessa. Non riesce a trovare un lavoro stabile e si arrangia con lavori saltuari che però non gli consentono di prendere una casa in affitto. «Avevamo una salumeria ma le cose sono andate sempre peggio, fino a che siamo stati costretti a chiudere, perdendo tutto, compresa la casa» racconta Lucia madre di cinque figli che in qualche modo stanno tentando di risollevarsi. E poi c’è Ciro, il figlio di Ester, che è arrivato per la prima volta alla mensa della Caritas quando aveva solo due anni, oggi ne ha dieci. «Tutto è cominciato quando mio marito ha perso il lavoro, abbiamo fatto di tutto per mettere del pane a tavola ma ad un certo punto non ce l’abbiamo fatta», spiega la donna. Alla tavola della Caritas si è seduta molte volte ma per non far pesare la condizione di disagio ai suoi figli, gli diceva che era un ristorante. «Ciro, il più piccolo dei miei tre figli, ci credeva e ne era contento. Ora però è cresciuto ed alcune cose le ha capite», dice Ester abbassando gli occhi. Sono i nuovi poveri, prodotto della società moderna che morde e fugge. Alcuni si raccontano a viso aperto ma per altri l’imbarazzo è troppo forte. Si vergognano eppure a vergognarsi dovrebbero essere quelli che si voltano dall’altra parte o che abusano e picchiano anche chi è costretto a rivolgersi alla Caritas.

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