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Ambiente

I cibi che si possono mangiare anche dopo la scadenza

Tra spreco alimentare e la volontà di mantenere standard di qualità e sicurezza alimentare alti: ecco quando si evitano rischi anche dopo la data di scadenza

Il 19 maggio 2014, il portavoce del ministro dell’Agricoltura tedesco annuncia una proposta che suscita scalpore: l’Unione Europea sta considerando l’abolizione della data di durata minima per alcuni alimenti di lunga conservazione, come pasta, riso e sale. La misura, mirata a combattere lo spreco alimentare, trova sostegno in vari Paesi del Nord Europa, tra cui Germania, Olanda, Lussemburgo, Svezia, Danimarca e Austria. Tuttavia, in Italia, patria di alcuni di questi prodotti, la proposta appare quanto meno discutibile, se non addirittura assurda.

La polemica sollevata dalla proposta tedesca pone in luce la necessità di un approccio equilibrato alla questione degli alimenti scaduti e dello spreco alimentare. In Italia, la legge distingue tra “da consumarsi entro”, per prodotti deperibili come carni, formaggi freschi e latte, e “da consumarsi preferibilmente entro” per alimenti di lunga conservazione. Quest’ultima dicitura indica un tempo minimo di conservazione (TMC), oltre il quale il prodotto può essere ancora consumato senza problemi, anche se le proprietà organolettiche potrebbero non essere più ottimali.

Bottiglie latte | Pixabay @Foundry – ireporters.it

La questione dello spreco alimentare è complessa e richiede un equilibrio tra la necessità di ridurre gli sprechi e l’importanza di mantenere elevati standard di qualità e sicurezza alimentare. La proposta tedesca ha messo in luce la necessità di soluzioni innovative ma prudenti, capaci di affrontare il problema degli sprechi senza compromettere la sicurezza e la qualità dei cibi.

Quando è sicuro consumare cibi scaduti?

Esistono diversi casi in cui i cibi possono essere consumati anche oltre la data di scadenza riportata sull’etichetta. Ad esempio, frutta e verdura fresca non necessitano di una data di scadenza obbligatoria, purché siano intere e non sbucciate. Il latte fresco pastorizzato è sicuro fino a sei giorni dal trattamento termico, dieci per il latte microfiltrato. Anche se scaduto, può essere utilizzato previa bollitura per preparare dolci, omelette e frullati. I formaggi freschi devono essere consumati entro la data di scadenza, mentre quelli stagionati possono essere ancora utilizzati dopo aver rimosso eventuali muffe. Gli yogurt sono consumabili fino a una settimana dopo la scadenza, anche se con proprietà nutritive ridotte.

Per quanto riguarda i surgelati, possono essere consumati fino a due mesi oltre la scadenza, fatta eccezione per i gamberetti surgelati, che non devono essere consumati crudi per evitare il rischio di listeriosi. La pasta, il riso, i sughi e le uova possono essere consumati per alcuni mesi dopo la scadenza. L’olio extravergine d’oliva può essere utilizzato fino a otto mesi oltre la data indicata. Le uova, se consumate crude o alla coque, sono sicure fino a tre giorni dopo la scadenza, mentre se fritte possono arrivare fino a una settimana.

La conservazione corretta è fondamentale

È cruciale che i prodotti siano conservati correttamente, come indicato dal produttore, per garantire la sicurezza al consumo. Segni evidenti di deterioramento, come muffe, cattivi odori o parti marce, indicano chiaramente che il cibo non è più commestibile. Inoltre, la legge vieta la vendita di prodotti scaduti, a prescindere dalla loro sicurezza al consumo.

Le pressioni del Nord Europa

La proposta di abolizione della data di durata minima trova opposizione in Italia, dove la qualità degli alimenti è un valore imprescindibile. Coldiretti critica aspramente l’iniziativa, ritenendola un tentativo dei Paesi del Nord Europa di standardizzare il cibo su tavole europee a un livello di qualità inferiore, con la scusa di ridurre gli sprechi alimentari. In effetti però, lo spreco alimentare rappresenta un problema significativo nell’Unione Europea, con 89 milioni di tonnellate di cibo sprecate ogni anno.

Tuttavia, in Italia, la crisi economica ha portato a una riduzione storica degli sprechi, con quasi tre italiani su quattro che dichiarano di aver tagliato gli sprechi alimentari.La data di durata minima è un indicatore importante per mantenere standard elevati di qualità, sapore e freschezza dei prodotti. Anche se alcuni alimenti possono essere consumati oltre la data indicata, la qualità organolettica ne risente, e un consumo eccessivo di cibi scaduti può comportare rischi per la salute.

Una nuova dicitura per ridurre gli sprechi

Per affrontare il problema dello spreco alimentare senza compromettere la qualità, l’Unione Europea sta valutando l’introduzione della dicitura “Spesso buono oltre”, che potrebbe aiutare i consumatori a comprendere meglio la durata effettiva degli alimenti e a evitare di gettare via cibo ancora commestibile.

Andrea Zoccolan

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