Quasi tutti i leader del G7 si presentano al vertice alle prese con pesanti problemi interni legati a elezioni appena trascorse o imminenti
La fitta agenda del G7 di Borgo Egnazia rischia di essere offuscata dai problemi interni dei leader presenti: tra questi ci sono il presidente statunitense Joe Biden e il primo ministro britannico Rishi Sunak, entrambi con mandati in scadenza, e i leader che escono indeboliti dalle elezioni europee come il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il presidente francese Emmanuel Macron.
Macron sarà al centro dell’attenzione durante il vertice mentre Scholz, da parte sua, affronta una crescente impopolarità con i nazionalisti di Afd che hanno superato l’Spd come secondo partito.
Tuttavia, in Germania, l’ascesa dell’estrema destra non è ancora tale da destabilizzare un sistema che da anni si basa sulle grandi coalizioni.
Dopo le elezioni del 2025, è probabile un ritorno alla tradizione con i cristiano-democratici della Cdu/Csu al centro del sistema politico.
Sicuramente la situazione in Francia è più critica, con il Paese che potrebbe affrontare un terremoto politico senza precedenti nella storia della Quinta Repubblica. Scenario che si è concretizzato dopo la reazione di Macron alla sconfitta elettorale sciogliendo il Parlamento.
La sfida è ricostruire il consueto “cordone sanitario” che finora ha impedito al Rassemblement National di raggiungere il potere. Tuttavia, questa volta sarà molto più difficile, e non solo a causa dei numeri, dato che il partito di Marine Le Pen ha ottenuto oltre il doppio dei voti del partito del presidente.
L’apertura di Eric Ciotti, leader di Les Republicains, a una possibile collaborazione con il Rassemblement rappresenta una svolta significativa che sta suscitando reazioni contrastanti all’interno del campo gollista stesso.
Se tale alleanza dovesse concretizzarsi, specialmente dopo aver chiuso il dialogo con l’ultradestra di Reconquete di Zemmour, si formerebbe un blocco conservatore maggioritario, trasformando in modo radicale il panorama politico francese.
Il primo ministro giapponese, Fumio Kishida, ha recentemente subito una sconfitta elettorale significativa. Il suo partito liberaldemocratico ha ottenuto risultati deludenti nelle elezioni suppletive dello scorso aprile a causa di uno scandalo riguardante irregolarità nella rendicontazione dei fondi per la campagna elettorale.
Con la riconferma alla presidenza del partito in gioco questo autunno, Kishida ha resistito alle pressioni per dimettersi e ha rifiutato di procedere con un rimpasto di governo. La stagnazione economica ha inoltre alimentato le critiche interne, con molti alti funzionari liberaldemocratici pronti a sfruttare la situazione per sostituirlo.
Altri leader si trovano invece a fine mandato e cercano una riconferma difficile. La popolarità del premier canadese, Justin Trudeau, è in calo da tempo, con numerosi problemi che preoccupano le classi popolari, come la crisi degli alloggi e la crescente immigrazione.
Questi fattori hanno favorito l’opposizione conservatrice, che tutti i sondaggi prevedono vincente alle prossime elezioni di ottobre 2025. In Canada, infatti, negli ultimi anni è accaduto di tutto: dalla protesta dei camionisti all’aumento dei decessi per ferite da armi da fuoco, dalla polemica sulla “blackface” di Trudeau a una normale festa di carnevale, fino agli incendi delle chiese causati dalla psicosi sulla presunta presenza di resti di bambini nativi sotto alcune scuole cattoliche, di cui non è stata trovata traccia.
Scadenza molto vicina quella per il primo ministro britannico Sunak: il 4 luglio si voterà per rinnovare la Camera dei Comuni e tutti i sondaggi indicano un probabile ritorno al potere dei laburisti, favorito dagli errori dei due precedenti premier conservatori. Un accordo onorevole sulla Brexit, negoziato da Theresa May, fu sacrificato per le ambizioni personali di Boris Johnson.
Biden appare un po’ meno in difficoltà, mostrando segni di recupero su Donald Trump, il cui ritorno alla Casa Bianca sembra meno certo ogni giorno che passa.
Il buon andamento dell’economia americana ha migliorato le prospettive di ‘Uncle Joe’, che ora punta a presentarsi agli elettori con risultati significativi anche sul piano internazionale.
Una tregua duratura in Medio Oriente e l’inizio di un dialogo diplomatico tra Russia e Ucraina, due dei principali dossier sul tavolo del summit, rafforzerebbero ulteriormente un presidente apparso molto più determinato e coriaceo di quanto la sua età avanzata e la sua tendenza alle gaffe farebbero pensare.
Tuttavia, la condanna del figlio Hunter (che, ha assicurato Biden, non riceverà una grazia presidenziale) influenzerà sicuramente una campagna elettorale dai toni accesi.
Infine, l’eccezione è rappresentata dalla padrona di casa, la premier Giorgia Meloni: di fatto è l’unica leader europea di rilievo a essere uscita rafforzata dal voto e non è nemmeno a metà del suo mandato.
Le difficoltà degli altri leader rischiano però di rendere interlocutorio il summit pugliese, impedendole di sfruttare appieno il capitale politico accumulato.
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