Alessandra Tommasino
A Carinola per il pranzo di Pasqua, a tavola non manca mai la frittata, che solitamente viene fatta con decine di uova.
Frittata di Pasqua, tradizione carbonelle
Uova, profumi di primavera, formaggio di pecora fresco, asparagi e salsiccia secca e poi tante uova, decine, meglio se più di cento.
La frittata di Pasqua è una tradizione molto cara ai carinolesi che, da anni si cimentano nella realizzazione di una vera e propria opera d’arte. Fra gli ingredienti non devono mai mancare la verza d’aglio e la nepitella, e guai a dimenticare qualche spina, a ricordo della Passione di Cristo.
Il numero di uova più frequentemente usato è 33, gli anni di Gesù, ma sono in tanti ad osare molto di più. E così una frittata di 101 uova diventa un’immagine piuttosto diffusa sui social, dove si fa a gara a chi la fa più alta o più grande. Di solito il numero è dispari e molti scelgono di aumentare la quantità in modo progressivo, ad ogni anno, per l’augurio di gioia e prosperità.
Prima del pranzo pasquale, la frittata viene benedetta dal capofamiglia e il taglio successivo diventa un rito quasi religioso.
La regina gialla della tavola viene venerata per giorni. Non solo a Pasqua, ma anche il lunedì in Albis e i giorni successivi.
In questi anni c’è chi addirittura è arrivato a più di 300 uova, ma il capolavoro di gastronomia non richiede solo la capacità di miscelare bene gli ingredienti, ma soprattutto la maestria nella cottura, che richiede tempo, pazienza e forza.
Una frittata così grande va infatti cotta facendo attenzione a non romperla e allo stesso tempo
riuscendo a garantire l’uniformità della cottura. Insomma, per un buon risultato, bisogna avere una certa confidenza con la “sartania”, la padella dal manico lungo.
La frittata di Pasqua è famiglia, aggregazione, amore per la terra. E’ bellezza carinolese.