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Francesco Schiavone ‘Sandokan’ si discolpa: “Sono innocente, non ordinai omicidi”

Francesco Schiavone alias ‘ Sandokan’ ritenuto capo del clan dei Casalesi è imputato dell’omicidio di Giuseppe Quadrano, il postino di San Cipriano D’Aversa, ma rigetta le accuse e si dice innocente.

“Non so niente di quello che mi accusate. Non ho ordinato io quest’omicidio e non ho commesso i reati di cui mi accusate”. Francesco schiavone alias Sandokan ergastolano per aver ucciso e ordinato assassini a capo del clan dei Casalesi, stamattina dinanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha tentato di raccontare una storia diversa. Lo ha fatto nell’ambito del processo che lo vede imputato dell’omicidio di Giuseppe Quadrano. Il postino di San Cipriano d’Aversa, fu ucciso il 7 agosto del 1996 nei pressi del bar Orientale di San Cipriano D’Aversa, con dodici colpi, perché cugino del collaboratore di giustizia suo omonimo e killer di don Giuseppe Diana, il prete di Casal di Principe ucciso in chiesa il 19 marzo del 1994.

L’ordine di ammazzare

Il portalettere fu ammazzato perché colpevole secondo i camorristi di non aver voluto sottostare agli ordini del clan dei Casalesi che gli chiedeva di convincere l’omonimo cugino a ritrattare la collaborazione con la giustizia. La vittima, si rifiutò categoricamente e a più riprese, nonostante le violente, in alcuni casi, insistenze degli affiliati al clan. Aveva solo 43 anni. I fatti sono riemersi con le indagini della Dda di Napoli, accelerate dal Procuratore Aggiunto di Napoli, Luigi Frunzio. Alla Direzione distrettuale antimafia nel 2017 era arrivata la richiesta di riapertura indagini, già archiviate il 28 giugno del 2005. A ricostruire gli avvenimenti è stato Nicola Panaro uno degli esecutori materiali del delitto e poi divenuto collaboratore di giustizia. Secondo il suo racconto ad ordinare l’omicidio di Quadrano il postino, fu proprio Schiavone Sandokan attraverso un ‘pizzino’ che fu poi consegnato nelle mani di Francesco Schiavone alias Cicciariello. Un passaggio di ordini per avviare le vendette trasversali ed infiacchire i collaboratori di giustizia che stavano minando gli interessi del clan. Il racconto di Panaro era stato già confermato da Schiavone Cicciariello che alla famiglia del postino aveva anche chiesto di essere perdonato. “All’epoca di Spartacus, Francesco Schiavone era in contatto con Walter Schiavone che a sua volta era in contatto con Panaro. Gli diede un biglietto con l’ordine di uccidere una persona. Siccome io facevo parte di quella famiglia, non potevo oppormi ma me ne pento e chiedo scusa”, disse Schiavone difeso dall’avvocato Pasquale Diana, parlando in udienza dinanzi alla Terza sezione della Corte di Assise di Appello di Napoli, presidente Eugenia De Balzo.

Schiavone ‘Sandokan si assolve

Stamattina Schiavone Sandokan dinanzi alla Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere, ha rimescolato le carte o almeno questo è stato il suo tentativo, dinanzi alla corte presieduta dal giudice Giovanna Napoletano “mi si vuole far passare per un omicida ma io non lo sono e non capisco per quale motivo”, ha detto. Commentando poi i collaboratori e i dissociati dal clan dei Casalesi, così come si è definito il cugino Cicciariello, ha aggiunto :“i furbi più furbi sono come i nani più alti del mondo”. Una citazione che la giudice Napoletano ha fatto ripetere più di una volta per essere certa di aver ben compreso.

E’ il primo ergastolo che fa male

Francesco schiavone che qualche tempo fa era stato detto in fin di vita è invece apparso in forma e particolarmente lucido nel rigettare le responsabilità a lui ascritte. “Non posso essere condannato sulla base del principio del ‘non poteva non sapere’. Io davvero non sapevo e non ho ordinato quest’omicidio così come non ordinai l’omicidio del fratello di Dario di De Simone”, ha detto il camorrista di Casal di Principe diventato famoso con l’alias dal romanzo di Emilio Salgari, puntando evidentemente all’assoluzione. “Se lo ritenete condannatemi – ha affermato rivolgendosi al giudice- tanto un ergastolo in più non fa la differenza, solo il primo fa male”. A tentar di discolparlo, anche Sebastiano Panaro già condannato con rito abbreviato a 30 anni e cugino del collaboratore Nicola Panaro, imputando dell’assassinio del portalettere oltre ai nomi già noti anche Francesco Bidognetti ed Antonio Iovine mai tirato in ballo fino a questo momento. La prossima udienza si terrà il 20 luglio per le conclusioni. Tina Cioffo

redazione

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