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Federico Del Prete, vittima innocente della camorra e della corruzione. Dopo 18 anni, capitolo ancora aperto

Federico Del Prete, vittima innocente della camorra e della corruzione. Dopo 18 anni, capitolo ancora aperto

Diciotto anni. Tanti sono trascorsi dal giorno in cui la camorra arrivò in via Baracca a Casal di Principe e uccise Federico Del Prete che di mestiere faceva il mercatale e che voleva solo essere un uomo libro dal racket. Del Prete si era messo contro il business del racket e dell’abusivismo nei mercati casertani e napoletani, denunciando il giro delle buste di plastica. Fu ucciso il 18 febbraio 2002, alla vigilia del processo che avrebbe fatto scoprire gli interessi del ‘pizzo’. Accusò il vigile urbano di Mondragone, Mattia Sorrentino, di essere l’esattore del clan di Augusto La Torre. Accuse documentate con denunce e confessioni raccolte dallo stesso Federico, nonostante il pericolo e nonostante la capacità di comprendere che si stava mettendo contro un intero sistema di corruzione e camorra.

Omicidio di camorra e corruzione

Sorrentino, il vigile che al mercato estorceva 500mila lire ai commercianti per poi consegnarle alle casse del clan, per gli inquirenti non era un semplice delinquente. Intanto indossava una divisa sporcata dalla sua condotta e dalla sua disonestà e questo è un punto incontrovertibile nell’intera vicenda. La camorra dei La Torre a braccetto con quella del clan dei Casalesi, dettava regole nel panorama corruttivo. Della corruzione se ne fa proprio strumento e i limiti, tra le due illegalità, sono molto meno visibili di quanto abbiano teorizzato Isaia Sales e Simona Melorio (nel libro ‘Storia dell’Italia corrotta’). Federico Del Prete non è solo vittima innocente della camorra così come è stato dichiarato fino ad avere nel 2009, la medaglia d’oro al valor civile, per lui promossa dal Comitato don Peppe Diana e da Libera. Del Prete nel 2002 aveva già scoperchiato quella puzzolente discarica di uomini e donne che hanno dato vita, fino ad essere assolutamente attuale, ad un nuovo sistema di criminalità organizzata meno visibile ma molto più infiltrante nelle Prefetture, nelle Procure e tra le Forze dell’Ordine.In ‘camorra 2.0′, la politica in fondo mai ritenuta davvero ‘pulita’ è passata ad essere fanalino di coda nelle mani di chi vuole solo fare carriera. Del Prete fu vittima di questo, non solo della camorra. Sorrentino venne processato ed in primo grado ebbe una condanna a 13 anni di carcere con l’interdizione dai pubblici uffici. La pubblica accusa era rappresentata da Raffaele Cantone, il giudice era Maria Vittoria Foschini. In appello la pena venne drasticamente ridotta a 5 anni. Tutto è ricostruito nel libro ‘A Testa Alta’ di Paolo Miggiano, anche quello che accadde in un secondo momento.

Ucciso da chi gli era amico

Dopo l’uccisione di Del Prete i testimoni cominciarono a ritrattare, gli stessi ambulanti che Federico aveva ascoltato a volte per ore nel suo piccolo ufficio di via Baracca sede dello Snaa sindacato dei mercatali a Casal di Principe, voltarono le spalle alla verità. Ad ucciderlo fu secondo il racconto di Antonio Corvino, killer del clan dei Casalesi, suo cugino Romolo. Le dichiarazioni di Corvino da collaboratore di giustizia avviano una nuova fase. Il procedimento era stato una prima volta archiviato nel 2004, perché non c’ erano mai stati riscontri sui killer e sui mandanti. Nel 2005 Luigi Diana, uno dei luogotenenti di Casalesi ed in particolare di Francesco Bidognetti aveva già dato indicazioni utili ma la svolta è arrivata nel 2008 con Corvino che si dichiara colpevole e spiega il clima di intimidazione messo in piedi attorno a Federico Del Prete. Antonio Corvino stesso era andato più volte a parlargli consigliandolo di dimettersi dal sindacato. Erano amici lui e Federico e Antonio gli aveva anche battezzato un figlio ma per l’uomo onesto non ci sono rapporti di parentela o amicizia che possono far cambiar idea e così Federico pochi giorni prima di essere ammazzato aveva trovato anche ragione e forza per denunciare i tentativi di dissuasione. Corvino, fu processato in nove mesi e a sostenere la pubblica accusa nella prima udienza del 19marzo 2008 c’era il pm della Dda Cesare Sirignano ora alla Direzione Nazionale Antimafia. Alla seconda arrivò il pm Alessandra Milita ora procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, e poi il pm Giovanni Conzo divenuto aggiunto alla Procura di Benevento. Corvino per quell’omicidio è stato condannato a 14 anni di reclusione confermati in Cassazione.

Chi ha la schiena dritta non si ferma

Ma i mandanti? E’ la gente che preferisce girarsi dall’altra parte, aver paura e soccombere alla paura che poi nel migliore dei casi diventa vergogna o che preferisce farsi i fatti propri piuttosto che denunciare. Invece no, si deve e anche se fosse il padre eterno. I familiari di Federico hanno chiesto il riconoscimento del danno così come stabilito dal Tribunale civile ma l’istanza presentata più di un anno e mezzo fa alla Prefettura di Caserta, seguita da diversi solleciti, è ancora senza risposta. Una risposta che si attende anche dal Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso e dei reati intenzionali violenti. I tempi per legge dovrebbero essere 60 giorni, abbondantemente trascorsi. Del Prete da vivo avrebbe forse fatto un esposto anche su questo, perché chi ha la schiena dritta non si ferma.

Tina Cioffo

redazione

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