Federico Del Prete fu ucciso nel suo studio di via Baracca a Casal di Principe, era sindacalista dei mercatali e aveva deciso di non girarsi dall’altra parte. Il suo esempio è andato oltre. Per il figlio Gennaro gli anni trascorsi non hanno lenito il dolore. Per le associazioni ed una parte delle istituzioni, ricordarlo è un dovere.
«Mio padre fece il suo dovere, ognuno di noi deve fare il proprio, nessuno escluso. Se mio padre avesse abbassato la testa, forse sarebbe ancora vivo, ma sarebbe stato uno schiavo per tutta la vita. Non poteva rinunciare alla sua dignità di essere uomo e la sua storia non può essere dimenticata. E’ stato un uomo semplice che da solo ha rotto il muro dell’omertà, recuperando quel concetto di normalità di cui abbiamo tanto bisogno». Parla con fierezza Gennaro Del Prete, figlio di Federico Del Prete, vittima innocente della camorra che si era messo contro il business del racket e dell’abusivismo nei mercati casertani e napoletani, denunciando come sindacalista, il giro delle buste di plastica da 5 milioni di euro. Fu ucciso alla vigilia di quel processo che avrebbe fatto scoprire gli interessi del pizzo. Accusò il vigile urbano di Mondragone, Mattia Sorrentino, di essere l’esattore del clan dei “La Torre”. Fu ucciso il 18 febbraio del 2002 in via Baracca a Casal di Principe, dove aveva un piccolo ufficio. Fu colpito mentre era al telefono e fu proprio Gennaro a trovare per primo il suo corpo.
«Quando penso a quel 18 febbraio di 17 anni fa, mi rendo conto di quanto il tempo sembra essersi fermato. Provo lo stesso dolore, lo stesso senso di solitudine nel cuore. Faceva freddo tanti anni fa e fa freddo anche quest’anno», ricorda Gennaro che allora era un ragazzo ma che oggi è un uomo. «Mi alimento – confessa- degli occhi della gente, degli occhi dei bambini, che ascoltano la storia di mio padre, degli occhi dei detenuti a cui ho teso la mia mano. A distanza di 17 anni mio padre continua a vivere e chi lo uccise ha fallito poiché i morti non vengono dimenticati».
«Se Martin Luther King urlava al mondo, i diritti civili del popolo nero avanti ai bianchi, io urlo al mondo il nome di Federico del Prete, il nome di mio padre, affinché i diritti dei cittadini, della mia gente non vengano più calpestati dal malaffare, dalla mala politica e dal crimine organizzato», dice Gennaro ed il suo urlo sembra udirlo per davvero.
D’altronde, Gennaro Del Prete fu il primo a richiamare lo Stato alle sue responsabilità. Si schierò contro quegli apparati burocratici che non gli avevano dato aiuto né solidarietà. Lui per primo, infatti, ha condotto la battaglia per estendere l’elargizione dei diritti della legge 302 del 1990 anche ai figli e ai genitori che non vivono sotto lo stesso tetto. Lo Stato aveva riconosciuto il diritto degli aiuti, anche pecuniari, solo ai figli del secondo matrimonio di Del Prete e non quelli nati dal primo matrimonio. La battaglia di Gennaro Del Prete ha cambiato le cose.
Del Prete era di Frattamaggiore in provincia di Napoli, ma negli ultimi anni della sua vita si era stabilito a Casal di Principe. Nel 2009 fu insignito della medaglia d’oro al valor civile, il riconoscimento venne consegnato nel piazzale del cimitero di Casal di Principe, in occasione del quindicesimo anniversario dell’uccisione di don Giuseppe Diana, il sacerdote casalese ucciso dalla camorra. La medaglia fu chiesta dal Comitato don Peppe Diana e da Libera. Dal 2015, all’angolo di via Baracca dove Federico Del Prete aveva l’ufficio e da dove aveva fatto partire una serie di denunce, c’è una targa che ne segnala il posto che non è più, come tutti gli altri. Quella targa la volle il sindaco di Casal di Principe, Renato Natale.
«Ricordo ancora– confessa Natale- il richiamo che Rosaria Capacchione fece alle organizzazioni antimafia perché non avevano preso posizione sulla morte di quel commerciante. In effetti come capita spesso il fatto che Del Prete fosse fuori dai nostri movimenti ci provocava dubbi sulla persona, sospettando nell’immediato un suo qualche coinvolgimento in attività criminali. Chiaramente era un errore grave. Ed infatti dopo pochi giorni scrissi ai giornali chiedendo scusa a Del Prete e alla famiglia per quei sospetti e per il ritardo nel manifestare solidarietà. In seguito ho provato a non mancare alle occasioni per ricordare la figura di quell’uomo e rendergli omaggio».
«Certo, ormai Del Prete è entrato a pieno tutolo fra le icone, vittima di una camorra sanguinaria. Era un sindacalista non di apparato che non si occupava di grandi temi nazionali ma di beghe di mercati eppure in grado di fare paura ed indurre i vertici del clan più potente della Campania a metterlo nel mirino», così il giudice Raffaele Cantone ne ha parlato commentando il libro dello scrittore Paolo Miggiano, autore del libro ‘A testa alta’.
«Gennaro – rammenta Miggiano- venne da me con una grande busta di plastica di colore azzurro. Dentro a quella busta c’erano le copie delle centinaia di denunce che il padre aveva inoltrato alle diverse autorità. Un lavoro fuori misura. Non potevo non occuparmene. Federico Del Prete è stato definito un eroe ma in realtà egli, come tanti altri, ha avuto la sventura di vivere in una realtà dove certi comportamenti, che altrove sono considerati normali, trasformano le persone in eroi».
«Federico Del Prete sulla sua strada, oltre all’indifferenza di molti ed il fuoco delle pistole dei camorristi, purtroppo ha trovato uomini politici e rappresentanti delle istituzioni, come il vigile urbano di Mondragone che taglieggiava i commercianti nei mercati rionali, che avevano scelto di stare dall’altra parte», spiega Paolo Miggiano. Nel suo libro dedicato al sindacalista, i verbi sono al presente «perché ne ero convinto e lo sono ancora – dice l’autore- che ciò che Del Prete denunciava nel 2001 continua, nonostante i gravi colpi inferti alla camorra dalla magistratura e dalle forze di polizia, a persistere e a condizionare la vita economica e sociale dei nostri territori», denuncia lo scrittore con un passato in polizia e con un impegno nel recupero della memoria.
Nel Casertano la storia di Del Prete sarà ricordata con una due giorni. Domenica 17 febbraio Del Prete sarà ricordato negli ambienti della Sala Monta del Real Sito di Carditello. L’incontro è promosso dalla Fondazione Carditello ed il racconto dell’eroico legame di Del Prete con il territorio, si intreccerà un intervento musicale di Luca Signorini con una selezione di brani tratti dal repertorio di Johann Sebastian Bach. Dopo i saluti di Roberto Formato, direttore della Fondazione, insieme con Miggiano e Gennaro Del Prete, ci sarà Valerio Taglione, coordinatore del Comitato Don Peppe Diana ed il giornalista e scrittore Raffaele Sardo che nella sua opera di ricostruzione della storia di alcune vittime innocenti, non ha dimenticato così come Miggiano di tracciare le vicende del mercatale di Mondragone. “La sedia vuota. Storie di vittime innocenti della criminalità”, è il suo ultimo lavoro per la Fondazione Polis.
Lunedì 18 febbraio, l’insegnamento di Del Prete sarà ripercorso come straordinario esempio di etica e di cittadinanza durante il secondo appuntamento del corso per docenti che si terrà nella sala 21 marzo del Comprensivo Cimarosa di Aversa, promosso da Libera Scuola insieme al Comitato don Peppe Diana con il patrocinio dell’Università Suor Orsola Benincasa.
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