di Fabio Mencocco
Trenta posti di lavoro a rischio ed un’intera produzione, quella delle finiture tessile per l’aerospazio ed il settore militare a rischio. Il 2019 per i dipendenti di Arescosmo di San Pietro Infine, nel casertano, si apre così come si era chiuso il 2018, ovvero all’insegna dei dubbi e delle incertezze per il futuro. “La cassa integrazione scade a maggio, il peggio viene dopo, dato che tutti i dipendenti rischiano di restare senza alcun lavoro” dice Daniele Aquilea di Uiltec-Uil che da tempo sta seguendo la vicenda: “Siamo di fronte a lavoratori altamente specializzati – ha sottolineato il sindacalista – che hanno anche un’età giovane dal momento che sono tutti al di sotto dei quarant’anni che non possono essere lasciati soli”.
La crisi e gli F-35
L’azienda impegnata nel tessile era impegnata nella produzione di finiture per l’area militare e l’aerospazio, ultimamente era stata impegnata per la parte in stoffa di alcuni giubbotti antiproiettile, ma a piegare in due la società, la cui casa madre, Aero Sekur si trova ad Aprilia in provincia di Latina, è stata la crisi delle commesse dall’estero ma manche e soprattutto il blocco degli acquisti da parte del governo italiano degli F-35, caccia multiruolo prodotti da Lockheed Martin. “La crisi di queste commesse in mano all’americana Northrop Grumman ha inciso moltissimo sul problema dello stabilimento casertano” fa sapere Aquilea. A causa del blocco l’azienda ha fatto sapere di avere un 30% di perdite, che viene scaricato tutto sullo stabilimento di San Pietro Infine, riducendo al lumicino le speranza di conservare il posto di lavoro da parte dei dipendenti locali. La questione F-35 resta ancora complessa, perché in un primo momento l’acquisto di nuovi aerei non figura nel patto di governo tra M5S e Lega, tagli poi scomparsi nella versione definitiva del documento. Lo stesso ministro della Difesa Trenta aveva fatto sapere che il governo non ne avrebbe comprati altri, ma l’Osservatorio sulle spese militari Milex lo scorso giugno aveva fatto sapere che il 25 aprile il Pentagono e Loockheed Martin avevano firmato un contratto per fornire altri 8 cacciabombardieri all’Italia, con un acconto versato di 10 milioni di dollari.
Il tavolo al Mise e la riconversione
Una delle speranze per salvare lo stabilimento casertano è quello della “riconversione della produzione, magari con l’intervento di qualche imprenditore locale, le condizioni per garantire un futuro stabile ci sono, ma serve l’impegno di tutti” fa sapere Aquilea che aggiunge: “Servono scelte chiare e nuove commesse che possano portare l’Arescosmoa proseguire nella propria attività garantendo stabilità occupazionale ai trenta dipendenti. E’ necessario – continua – che le istituzioni tutte, dal livello locale a quello nazionale, si impegnino per fare in modo che da qui a maggio, l’azienda possa riprendere di slancio il proprio ciclo produttivo mettendo la parola fine ad una crisi, altrimenti, irreversibile”. Il sindacato ha anche attivato un tavolo al ministero dello Sviluppo Economico, ma nonostante le convocazioni la casa madre di Latina non ha mai risposto alle convocazioni, bloccando di fatto il tavolo senza portare alcun documento o far valere le proprie ragioni,magari cercando anche l’aiuto del governo per riconvertire la produzione. Nell’ultimo periodo era arrivata qualche voce su un possibile contatto tra il ministero della Difesa e le forze armate egiziane per creare una testa di ponte con l’Egitto per garantire il futuro dello stabilimento, ma al momento non c’è alcuna novità. Intanto i trenta lavoratori attendono notizie per capire se potranno continuare a conservare il posto di lavoro, quello a cui hanno rinunciato altri dieci dipendenti che hanno trovato un’altra occupazione. Al momento, però, le speranze si assottigliano ed alcuni dei macchinari dello stabilimento casertano sono già stati portati alla casa madre.