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Ambiente

Elezioni europee: i Verdi rischiano una débâcle

I cittadini dei 27 Paesi Europei hanno preoccupazioni più immediate rispetto alla crisi climatica: come andranno le elezioni?

Secondo gli ultimi sondaggi pubblicati da Politico, il gruppo parlamentare dei Verdi, che include i movimenti ecologisti dei vari Stati membri dell’Unione Europea, potrebbe perdere più di trenta seggi nelle elezioni europee di questo fine settimana.

Nel 2019, alle scorse elezioni europee, avevano ottenuto 74 seggi, quasi il 10% del totale, mentre le previsioni per il 2024 gliene assegnano solo 41.

Il 2019 è stato un anno di grande successo per i partiti ecologisti in Europa, che hanno ottenuto risultati significativi in molti paesi dell’Unione.

Elezioni europee, i Verdi rischiano una débâcle

In Austria, hanno raggiunto il 14% dei voti, triplicando i risultati delle elezioni precedenti. In Finlandia, sono arrivati secondi con il 16%, mentre in Germania hanno superato il 20%.

Anche in Francia, Irlanda e Regno Unito hanno ottenuto ottimi risultati, ma non in Italia. Questo successo è stato in parte dovuto alle grandi mobilitazioni per il clima durante la campagna elettorale del 2019.

Milioni di persone sono scese in piazza per chiedere misure più severe contro il cambiamento climatico, ispirati da Greta Thunberg, la sedicenne svedese che ha iniziato a scioperare ogni venerdì davanti al Parlamento del suo paese.

Da quegli scioperi per il clima nacque il movimento dei Fridays for Future, a cui aderirono soprattutto giovani e studenti, e che portò la questione della crisi climatica al centro del dibattito pubblico in molti paesi.

L’attivista Greta Thunberg a una manifestazione per il clima a Torino, 13 dicembre 2020 (AP Photo/Antonio Calanni)

 

All’epoca, secondo i sondaggi Eurobarometro della Commissione Europea, la crisi climatica era una priorità per la maggior parte dei cittadini dell’Unione. Oggi non è più così: sebbene oltre tre quarti della popolazione continuino a considerarla un problema grave, l’attenzione per il cambiamento climatico è inferiore rispetto a quella per l’inflazione e l’immigrazione, ad esempio.

La pandemia e la guerra in Ucraina, con l’aumento dei costi energetici e dell’inflazione, hanno ridotto l’importanza della crisi climatica nel dibattito pubblico.

Il cambiamento delle priorità dell’elettorato si riflette nella situazione politica di diversi paesi membri. Attualmente, in sette paesi dell’Unione Europea, le destre governano, da sole o in coalizione: Italia, Croazia, Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca, Finlandia e Svezia.

Anche dove non sono al governo, i sondaggi mostrano una forte preferenza per i partiti di destra: in Francia, Belgio e Paesi Bassi il primo partito è di estrema destra; in Germania, Polonia e Lituania è il secondo.

Anche se non c’è una correlazione diretta tra la sensibilità verso i temi ecologisti e l’appartenenza a un partito specifico, lo spostamento dell’elettorato verso destra ha coinciso con una diminuzione dell’attenzione verso questi temi.

In molti paesi, i partiti di destra fanno campagna attivamente contro le misure ambientaliste promosse dall’Unione Europea.

Se nel 2019 le proteste più note erano quelle ambientali, negli ultimi mesi le mobilitazioni più visibili – anche se meno partecipate – sono state quelle di agricoltori e allevatori.

In tutta Europa, diverse associazioni di categoria hanno protestato contro le misure adottate dall’Unione Europea e da alcuni paesi per ridurre le emissioni inquinanti del settore.

Durante l’ultima legislatura, sono state approvate riforme importanti che collegano i sussidi per agricoltori e allevatori – un settore chiave in molti paesi europei – al raggiungimento di obiettivi di sostenibilità.

Queste misure fanno parte del Green Deal europeo, il grande piano per la transizione ecologica su cui la Commissione attuale ha puntato molto negli ultimi anni, ma che è stato ampiamente criticato dalle opposizioni di destra nel Parlamento.

Un recente studio dell’European Fact-Checking Standards Network ha evidenziato come le destre abbiano sfruttato le preoccupazioni degli agricoltori e allevatori per guadagnare consensi e diffondere disinformazione sulle politiche ambientali dell’Unione Europea.

Un esempio è la manifestazione del 4 giugno, pochi giorni prima delle elezioni: un gruppo di 1.200 agricoltori, principalmente da Paesi Bassi, Germania e Polonia, ha protestato a Bruxelles, unendo sentimenti antieuropeisti e negazionisti del cambiamento climatico.

Hanno accusato l’Unione Europea di eccessiva regolamentazione, soprattutto in materia ambientale, lamentandosi della concorrenza estera, dei costi elevati e dei prezzi di vendita troppo bassi.

Tra gli organizzatori c’erano il gruppo olandese Farmers Defence Force e il sindacato tedesco degli agricoltori LSV, entrambi vicini all’estrema destra.

Tom Vandendriessche, parlamentare del partito di estrema destra belga Vlaams Belang, presente alla protesta, ha dichiarato che “gli agricoltori sono le prime vittime di questa follia climatica, poi toccherà a tutti noi.”

Un’altra serie di motivi per la perdita di consensi dei Verdi riguarda la loro strategia politica: attualmente, i partiti ecologisti governano in coalizione in sei paesi dell’Unione Europea: Austria, Belgio, Finlandia, Germania, Irlanda e Lussemburgo.

A differenza del Parlamento Europeo, dove non hanno sostenuto la maggioranza di Ursula von der Leyen, a livello nazionale i Verdi hanno dovuto bilanciare il pragmatismo richiesto dalle forze di governo con le richieste più radicali della loro base elettorale, contribuendo alla perdita di consensi.

Un esempio evidente è la Germania, governata dal 2021 da una coalizione di Socialdemocratici, Verdi e Liberali. Negli ultimi anni, il governo ha perso consensi sia per decisioni ecologiste considerate troppo radicali, sia per compromessi che la base ha giudicato insufficienti.

Emblematico è il caso del ministro dell’Economia e dell’Energia Robert Habeck, dei Verdi, che in un anno è passato dall’essere il politico più popolare del paese (definito da Politico “il vero cancelliere”) a uno dei meno apprezzati.

Nel 2023, Habeck ha promosso una legge per ridurre le emissioni dei sistemi di riscaldamento: la norma, dibattuta per mesi, è stata approvata a settembre e impone che, a partire da quest’anno, i nuovi edifici debbano avere sistemi di riscaldamento che utilizzino almeno il 65% di energia da fonti rinnovabili.

Attualmente, circa metà dei tedeschi usa il gas per riscaldarsi, quindi la transizione comporterà costi significativi per molti. Per questo motivo, le opposizioni di destra hanno giudicato la norma troppo radicale e incapace di bilanciare la riduzione delle emissioni con la protezione delle famiglie più vulnerabili.

Allo stesso tempo, il governo tedesco ha ricevuto critiche dagli ambientalisti per i compromessi fatti durante la crisi energetica causata dall’invasione russa dell’Ucraina.

Un esempio significativo è la decisione di permettere a RWE, la più grande compagnia elettrica tedesca, di espandere una miniera di carbone a Lützerath, nella Germania occidentale, dopo che la Russia aveva ridotto le forniture di gas in risposta alle sanzioni.

Secondo gli esperti del think tank European Council on Foreign Relations, la diminuzione di rilevanza dei Verdi, insieme al previsto spostamento a destra del Parlamento europeo, potrebbe compromettere la capacità dell’Unione di raggiungere l’obiettivo principale del Green Deal: azzerare le emissioni nette entro il 2050.

Questo renderebbe anche più difficile contribuire a raggiungere l’obiettivo fissato dalle Nazioni Unite con l’accordo di Parigi, che mira a limitare l’aumento del riscaldamento globale a 1,5°C rispetto ai livelli pre-industriali.

Giulia De Sanctis

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