di Tina Cioffo-Chi può candidarsi e chi deve essere escluso. Il nuovo codice etico di autoregolamentazione pone dei paletti precisi. Per candidati con parenti mafiosi, è necessaria la pubblica abiura.
Le colpe dei padri non devono ricadere sui figli. Il detto, largamente pronunciato, è destinato ad entrare nei discorsi della politica e questo perché ci sono figli e nipoti di criminali che hanno deciso di candidarsi. Il caso sulla graticola da qualche settimana, è scoppiato ad Avellino con la decisione di Damiano Genovese figlio di Modestino Genovese, di candidarsi a sindaco a capo di tre liste. Il padre è ritenuto campo dell’omonimo clan che ha controllato Avellino e zone limitrofe tra gli anni ’90 e 2000, con estorsioni e droga. Il candidato sindaco non ha mai preso le distanze dal padre ed ora a pochi giorni dalla presentazione delle liste elettorali che lo vedrà in campo per le amministrative del 26 maggio, a lanciargli l’invito alla pubblica abiura è il presidente della commissione parlamentare antimafia, Nicola Morra.
La pubblica abiura è fondamentale
“La candidatura di Damiano Genovese è suo diritto costituzionalmente inalienabile, ma proprio per questo il figlio deve essere chiaro nella sua presa di distanza dalle azioni del padre ed improntare una campagna elettorale che sia anticamorra e contro la corruzione in maniera inequivocabile. Medesimo invito che rivolgo a chiunque si impegni o voglia impegnarsi in ruoli politici”, ha detto Morra. Il tema non è bypassabile e nemmeno trascurabile perché segnali di discontinuità devono essere necessariamente dati. La questione è sentita anche in altri Comuni di Italia, ugualmente chiamati alle urne ma altrettanto interessati da candidati che potrebbero avere parentele imbarazzanti. In provincia di Caserta, i riflettori sono già stati accesi, in particolare a Castel Volturno, a Casal di Principe, Casapesenna e Gricignano D’Aversa. In questi paesi, per anni sotto la lente di ingrandimento di indagini che in alcuni casi hanno accertato l’inquinamento camorristico dell’amministrazione comunale se il figlio, il fratello, mamma o sorella, zio o nipote, di un capo clan di camorra decidesse di candidarsi senza mai aver pubblicamente rigettato ogni forma e logica di interesse criminale, risulterebbe inaccettabile.
Chi è incandidabile per il nuovo Codice etico di autoregolamentazione
In campo c’è anche l’importanza fondamentale del codice etico di autoregolamentazione. Il codice introduce come condizione ostativa alla candidabilità la condanna in primo grado, anche se non definitiva, per danno erariale quale conseguenza di reati commessi nell’esercizio delle funzioni di cui alla carica elettiva. Il nuovo testo è stato trasmesso al Senato e alla Camera dei Deputati. “Come ho sempre affermato – ha commentato Morra- la lotta alle mafie e alla corruzione deve essere un patrimonio politico comune. Nessuno può fregiarsi di essere immune alle infiltrazioni criminali. Il codice deve aprire un confronto serrato ma sereno. Ogni contributo è quindi benvenuto se lo spirito è costruttivo”. Il nuovo codice, ha modificato quello che era stato già stato varato nel 2014, aggiungendo norme ancora più stringenti anche rispetto alla Legge Severino e comprendendo nuove fattispecie penali come le pratiche corruttive, in particolare quelle contemplate dalla nuova legge anticorruzione, ma anche il caporalato, l’autoriciclaggio e i delitti contro l’ambiente. Dovrebbe entrare in vigore in tempo utile per le elezioni europee e amministrative del 26 maggio. E’ chiarito che non si possono candidare coloro che sono stati condannati in primo grado a 4 anni di pena o coloro che siano stati anche solo rinviati a giudizio per reati di mafia.
Codice per l’autotutela
Aderendo al codice etico di autoregolamentazione aumenterebbe soglia di autotutela da parte dei partiti e dei movimenti politici contro il rischio di inquinamento delle liste elettorali e portando la politica ad assumere il ruolo centrale di garante anticipato della collettività, nella fase di individuazione dei candidati. Fuori dalle liste dovrebbero essere quelli che risultano coinvolti in reati – consumati o tentati – di criminalità organizzata, contro la pubblica amministrazione, di estorsione ed usura, di traffico di sostanze stupefacenti, di traffico illecito di rifiuti e altre gravi condotte.