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Dramma prostituzione, gli aborti e le pozioni magiche in gravidanza

di Tina Cioffo e Fabio Mencocco- Cosa succede alle donne che si prostituiscono in strada quando sono incinte? Nel dramma della prostituzione, la gravidanza non è ammessa e quando una ragazza si accorge di essere incinta sa già a cosa andrà incontro. Le pratiche per farla abortire diventano torture.

Nel dramma della prostituzione, devi stare attenta a tante cose e soprattutto al rischio di rimanere incinta. Il borotalco che in genere viene usato dopo il bagnetto dei bambini, per le prostitute incinte diventa una tortura. Viene mischiato con un liquido e le ragazze sono costretto a berlo. La pratica è frutto di una credenza popolare, gli sfruttatori sono infatti convinti che in questo modo le donne abortiscono, perdendo anche la possibilità di avere altre gravidanze indesiderate. Ma per quanto incomprensibile questa è la costruzione meno atroce. Una seconda soluzione è iniettare aceto nella vagina, come spermicida. Le ‘pozioni magiche’, vengono decise dalle Mami e sconvolgono le donne in ogni parte del corpo e dell’anima. Non c’è angolo della persona che non venga investita dalla violenza disumana.

Una parte della ‘pozione magica’ utilizzata per gli aborti

Usano preservativi cinesi, le loro borsette ne sono piene, ma si rompono facilmente e poi puzzano. I clienti spesso chiedono un rapporto non protetto, sono disposti a pagare di più e per le ragazze che devono guadagnare il più possibile per pagare il debito agli sfruttatori desiderando una libertà difficile da riconquistare, va bene anche qualche euro in più. Perché l’unica cosa che devi fare è lavorare e pagare. Se non paghi tu, sarà la tua famiglia a farlo, saranno minacciati e picchiati. È questo il pensiero incombente nella testa delle donne che prima di uscire in strada si spogliano e calzano tacchi altissimi. Si mascherano per attirare gli uomini, giovani o vecchi poco importa, ma anche per non riconoscersi se l’immagine viene riflessa nel finestrino dell’auto di un cliente. Ma perché non denunciano? Vorrebbero, ma non lo fanno per paura di ritorsioni

A Castel Volturno, all’imbocco del Villaggio Coppola dove c’è cartello ‘I Love Pinetamare’, una volta entrai in una casa con la scusa di farmi fare le treccine alla barba. Avevo già incontrato una delle ragazze che la abitavano e pensavo di aver stabilito un contatto offrendogli dell’acqua e del cibo. Il meat pies è uno dei cibi di strada più appetibili da chi viene dall’Africa così come da noi può esserlo la pizza. Avevo creduto che fosse una delle tante ragazze sfruttare e solo dopo ho capito che in realtà era una delle maman. Una prostituta che si era organizzata e che aveva delle ragazze che lavoravano per lei”, spiega la nostra fonte privilegiata. Ci ha aperto i segreti inconfessabili delle prostitute ma deve necessariamente restare anonima, perché la sua sicurezza è a rischio.

Chi è Winnie?

Winnie a Castel Volturno è famosa, la conoscono tutti nel mondo della prostituzione ma nessuno ne parla e tutti la temono. E’ la figlia di una Mami, la madre arrivò sulla Domiziana diverso tempo fa e con i soldi che ha estorto alle ragazze ha costruito un villaggio in Africa: una sorta di impero ed è diventata come un capo mafia. I suoi soldi l’hanno resa potente. E’ questo potere economico criminale che finisce per affascinare i poveri nigeriani, non tutti ovviamente, solo in pochi ma comunque abbastanza per alimentare il reclutamento delle schiave del sesso portate in Italia anche a bordo di aerei per accontentare i civili europei. Winnie gestisce ancora il giro e lo fa incontrando le ragazze nella sua abitazione. Un appartamento anonimo e dall’esterno decisamente trascurato così come tanti altri che si trovano in quella stradina a ridosso delle campagne incolte capaci di disegnare il nulla. Il rione è quello alle spalle del bar Tropical, in un labirinto di viuzze non asfaltate, dove in una qualsiasi mattina di inverno trovi, accanto ad un cumulo di rifiuti e a pochi metri da quattro ragazze che aspettano e sperano in una buona giornata di clienti pronti ad aprire il portafogli, un furgone di una ditta napoletana che organizza grandi eventi: feste e banchetti con relativo catering a domicilio. La normalità non ha senso.

Violet

“Violet la conobbi la notte di natale si faceva chiamare Queenho (la ‘ho’ finale è un rimbrotto) perché a volte gli portavo dei regali. Quando la incontravo non smetteva mai di essere collegata telefonicamente con qualche conoscente o con qualche sua amica. Il telefono non lo usano per comunicare ma anche solo per compagnia, per non sentire la disperazione della solitudine. All’inizio non lo capivo e mi disturbava questo modo di fare che mi risultava irrispettoso. In fondo andavo lì da lei per darle un aiuto, pronto a sostenerla nel momento in cui me lo avesse chiesto”.

“Dopo un anno Violet mi chiamò per dirmi che non ce la faceva più a prostituirsi. Era incinta e mi chiese di aiutarla ad abortire senza essere sottoposta a quelle torture di cui aveva già sentito parlare. Lo feci, la aiutai”.

La aiutai ad abortire e poi..

I padri somaschi accettarono di prendersi cura di lei, le venne trovata una sistemazione a Milano ma doveva prima di tutto scappare. Lei preparò tutto la sera prima, per fuggire di mattina presto, ma la notte uno dei suoi coinquilini entrò nella sua stanza perché aveva capito il suo progetto di fuga e voleva ancora una volta approfittarsi di quel corpo”. Partì dalla stazione di Villa Lutero, fece scalo a Roma e poi dritta verso la città della “Madunì”.

Tina Cioffo

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