Decreto sicurezza, cosa rischiano i sindaci disobbedienti

di Fabio Mencocco

Continua a tenere banco in tutta Italia la questione legata al decreto sicurezza varato dal governo giallo-verde e la rivolta dei sindaci disobbedienti, a cominciare dal primo cittadino di Palermo, Leoluca Orlando, a cui si sono accodati tanti sindaci come quello di Napoli, Luigi De Magistris, ma anche molte fasce tricolore di comuni più piccoli del casertano, come Renato Natale di Casal di Principe, Antonio Papa di Santa Maria la Fossa e Nazzaro Pagaro di Casaluce. Per ora molti di questi sindaci hanno espresso il loro dissenso alla legge, ma stanno studiando la possibilità di non applicarla, ma a livello legale potrebbero rischiare un’accusa per omissione d’atto d’ufficio e lo scioglimento del consiglio comunale.

La nuova norma e la cancellazione delle tutele

“Il punto controverso della vicenda, su cui pongono l’accento i sindaci è quello della cancellazione dei permessi di soggiorno umanitari. Questo tipo di tutela aveva la durata di due anni e consentiva ai beneficiari di lavorare, godere di prestazioni sociali, mandare i figlia a scuola o avere abitazioni, laddove ce ne fossero, il tutto attraverso l’iscrizione all’anagrafe comunale” spiega l’avvocato Giovanni Di Caterino che aggiunge: “Con l’arrivo del decreto sicurezza questa norma viene cancellata, al suo posto dovrebbero nascere una serie di permessi speciali per ragioni di salute o calamità naturali nel paese d’origine. Ma siamo ancora nel campo generico e la durata dovrebbe essere di un anno”. Su questo punto scatta il disaccordo dei sindaci che si appellano ad una incostituzionalità della norma e dicono che senza “l’iscrizione all’anagrafe i migranti, pur avendo già il permesso di soggiorno, non potranno mandare i figli a scuola, lavorare o avere l’assistenza sanitaria” questo potrebbe creare una “bomba sociale ed aumentare l’insicurezza per i cittadini”.

E’ possibile sollevare l’incostituzionalità?

L’idea di chi si oppone al decreto è quello di non applicare la norma, ma semplicemente disapplicando non si può sollevare la questione di incostituzionalità che “non è nei potersi del sindaco” dice l’avvocato Di Caterino che aggiunge: “Le fasce tricolore dovrebbero non solo disapplicare la legge, ma la prefettura dovrebbe intervenire con un contenzioso ed a quel punto far sorgere un giudizio, in questo modo si solleverebbe la questione di illegittimità costituzionale, ma all’interno di un contenzioso”. Questione che al momento non esiste ancora, così come ribadito anche dal presidente emerito della Consulta, Cesare Mirabelli.

Cosa si rischia?

Chi non applica la legge emanata dal governo può andare incontro a diversi problemi, come l’omissione d’atto d’ufficio, ma anche lo scioglimento del consiglio comunale che avviene con decreto del presidente della Repubblica su proposta del ministro dell’Interno. Il Testo unico per gli enti locali, nel decreto legislativo 267/2000 indica “i casi in cui i comuni possono essere sciolti. Il primo caso è quando si compiono atti contrari alla costituzione” spiega l’avvocato Di Caterino, ma in questo caso sono i sindaci a dire che la legge è anticostituzionale, mentre il secondo caso è quando ci “sono gravi e persistenti violazioni della legge”. Proprio quest’ultimo potrebbe essere applicato ai sindaci che vorrebbero disobbedire al decreto sicurezza, non solo per una questione di colore politico, ma anche per una difficoltà applicativa, dato che in tanti non sanno ancora in che modo gestire le persone che non hanno più lo status di protezione umanitaria.

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